OMICIDIO WILLY MONTEIRO, DOPO LA SENTENZA LA REAZIONE CHOC DEI FRATELLI BIANCHI

Willy Mointero Duarte, vittima di un brutale pestaggio in piazza Oberdan, a Colleferro, ha perso la vita nella notte tra il 5 e il 6 settembre 2020. Finalmente la sentenza sul suo omicidio, quella che tutti aspettavano con trepidazione, per dare giustizia al cuoco originario di Capo Verde e alla sua famiglia, è arrivata.

Ricorderemo tutti le parole di Simonetta Di Tullio, madre dei Bianchi, quando manifestò tutto il suo stupore per il risalto mediatico dato alla tragedia del 21enne, minuto ed educato, strappato alla vita a colpi di calci e pugni. Preoccupata dei suoi due figli in carcere, definiti da molti come “massacratori”, la Di Tullio parlò di “disgrazia”, che “non era mica morta la regina” e che i suoi figli erano in carcere da innocenti.

La difesa dei Bianchi non ha mai mollato la presa. Massimo Pinca, il loro avvocato, pochi giorni fa ha dichiarato: “Nonostante i testimoni oculari siano ben 25, nessuno in realtà poteva vedere con chiarezza quanto successo la notte del pestaggio di Willy”. Era buio e c’era troppa gente, continua l’avvocato, considerando i bianchi un capro espiatorio, 2 vittime della pressione mediatica.

Solo 5 giorni fa, ha suscitato clamore la lettera che Marco Bianchi, dal carcere di Viterbo, ha scritto per Adnkronos: “ Abbiamo paura di farci la galera per un fatto mediatico non perché siamo colpevoli. C’è chi ha la coscienza sporca e non siamo io e mio fratello”. 

Il riferimento è a colui che ritiene colpevole dell’omicidio di Willy, Francesco Belleggia, attualmente agli arresti domiciliari, per il quale sono stati chiesti 24 anni di carcere. Su di lui Marco ha dichiarato: “Il colpevole non si è presto le sue responsabilità, ancora con il sangue sulle scarpe, se ne sta tranquillo in casa sua”. 

Ora che la sentenza è arrivata, poco dopo le 13, non ci sono più dubbi. I fratelli Marco e Gabriele Bianchi, che hanno professato, sin da sempre, la loro innocenza nell’ambito del massacro di Colleferro, quello in cui Willy Monteiro Duarte è stato ucciso a calci e pugni  sono i suoi assassini. I Bianchi hanno sempre voluto dare l’immagine di bravi ragazzi, divisi tra sport e amici, “fatti passare per mostri”, “insultati da persone sconosciute che hanno invaso i loro profili social”.

Hanno sempre dichiarato di non aver toccato Willy nemmeno con un dito, additando, come unico responsabile della morte di quel “ragazzo pieno di vita” (queste sono le loro parole che hanno raggelare) Francesco Belleggia, accusandolo di aver scatenato lui la lite quella notte. Hanno professato sino all’ultimo la loro innocenza, il fatto di non essere brutte persone come i media li hanno definiti, di essere rimasti inorriditi nel guardare le loro foto in tv, accusati di un crimine non commesso, ribadendo che lo sport che praticavano, la Mma, ha solo insegnato ad essere responsabili e a dosare la loro forza.

Solo qualche giorno fa, Marco Bianchi aveva scritto una lettera all’Adnkronos, in cui accusava i media di aver influenzato il pubblico: “Ho toccato il fondo. Ecco la vostra soddisfazione. È una cosa che non auguro a nessuno, la sensazione di essere da soli, al buio. Sono andato giù, ma oggi ho deciso di rialzarmi e combattere per la verità e per la vita”. Tra le trasmissioni sotto accusa, Pomeriggio 5, condotto da Barbara d’Urso.

Ora che la sentenza è arrivata, poco dopo le 13, qual è sta la loro reazione? Dopo la lettura della condanna, tra gli imputati nel gabbiotto si sono alzate diverse urla. I 4, portati via dagli agenti della Polizia Penitenziaria, hanno iniziato a contestare la decisione del giudice, urlando contro di loro. 

Armando Monteiro, dopo la pronuncia della sentenza in Corte d’Assise di Frosinone per l’omicidio del figlio Willy, ha dichiarato: “Una sentenza giusta”. I suoi avvocati, Vincenzo Galassi e Domenico Marzi, a caldo, si sono così espressi: “Una sentenza ineccepibile in linea con le conclusioni del pm che legge le pagine processuali con un rigore assoluto e anche un riconoscimento di qualità per quanto riguarda l’attività investigativa iniziale delle forze dell’ordine“.