Il video dimenticato di Luciana Littizzetto: “Il 12 giugno andate al mare, non votate”

Mentre si avvicina il voto referendario del 8 e 9 giugno, il dibattito pubblico si infiamma ancora una volta, questa volta alimentato da un episodio che, a distanza di tre anni, torna a far discutere: il monologo ironico di Luciana Littizzetto durante la trasmissione “Che Tempo Che Fa” nel 2022, in cui invitava gli italiani a non votare ai referendum sulla Giustizia, preferendo il mare alla scheda elettorale.

Il monologo che fece scalpore

Nel maggio 2022, la comica torinese si rivolse agli spettatori con un tono sarcastico e provocatorio: “Votare è bellissimo, però vi dico la verità: il 12 giugno pensavo di andare al mare”. Poi, con un’ironia pungente, aggiunse: “Ci chiedete di pronunciarci su cinque referendum. Ma chi siamo, 60 milioni di Giuliani Amati? Siamo forse dei Perry Mason? Pensate che la mattina sul water leggiamo il manuale di diritto costituzionale?” Un messaggio chiaro, che suggeriva di non comprendere i quesiti referendari e di preferire l’astensione come forma di protesta o di disinteresse.

Il tono leggero e sarcastico nascondeva però un messaggio politico forte: i referendum, troppo tecnici e distanti dalla vita quotidiana, rischiavano di essere ignorati o boicottati. La Littizzetto, con questa provocazione, sembrava invitare gli italiani a non perdere tempo con questioni troppo complesse, lasciando intendere che il voto fosse inutile o addirittura dannoso.

Le reazioni politiche e il dibattito pubblico

La reazione non si fece attendere. Michele Anzaldi, allora deputato di Italia Viva e segretario della Vigilanza Rai, definì il monologo “inaccettabile” e chiese chiarimenti sulla sua trasmissione come servizio pubblico. La Lega, invece, avanzò un’interrogazione parlamentare per denunciare la mancanza di contraddittorio e accusò Littizzetto di boicottare i referendum sostenuti dal centrodestra.

Anche Vittorio Sgarbi, noto critico e parlamentare, cercò di rovesciare la narrazione: “Molti andranno a votare proprio grazie a quell’appello all’astensione”. Tuttavia, i risultati furono chiari: i referendum del 2022 non raggiunsero il quorum, e quindi furono dichiarati nulli.

Il paradosso di oggi: chi si indigna ora?

Oggi, a distanza di tre anni, la scena si ripete, ma con i ruoli invertiti. La stessa sinistra che allora si scagliava contro l’astensione, oggi si mostra indignata di fronte alla possibilità di disertare i nuovi referendum. La contraddizione è evidente: chi promuoveva l’astensione come forma di protesta nel 2022 ora si lamenta che altri la usino come strumento di disinteresse civico.

Luciana Littizzetto, nel suo intervento del 2022, aveva chiuso con una nota di responsabilità: “Alla fine ci andrò a votare, per dovere civico e perché è un mio diritto”. Ma il messaggio implicito era chiaro: l’astensione, se usata come forma di protesta, può essere legittima e anche efficace.

Cosa è cambiato in tre anni?

La domanda che oggi si pongono molti è: cosa è cambiato rispetto a quel monologo? La retorica del “votare sempre e comunque” torna in auge, ma il video del 2022 smentisce molte delle posizioni di chi ora si scandalizza. È lecito non votare? È un diritto promuovere l’astensione, anche in modo ironico? Domande che dividono, ma che mettono in luce quanto la memoria corta possa essere funzionale alla politica.