Sit in dei comunisti per Cesare Battisti: ridategli il computer. I parenti delle vittime: che vergogna

 

Sit in per Cesare Battisti domenica mattina davanti al carcere di Rossano. Ad organizzare la manifestazione (che nelle prossime ore potrebbe essere autorizzata dalle autorità competenti) sono stati l’avvocato Adriano D’Amico e Francesco Saccomanno, entrambi esponenti cosentini di Rifondazione comunista.

Sit in per Battisti, Franco Piperno plaude all’iniziativa

Tra i primi firmatari a sostegno dell’iniziativa c’è Franco Piperno, fondatore di Potere operaio e docente dell’Unical. Nel “manifesto” ufficiale pubblicato sulla pagina Facebook di D’Amico, in premessa si rammenta l’articolo 27 della Costituzione (“le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”), e poi, fra le altre cose, si parla delle “privazioni” e “soprusi” che avrebbe subito Cesare Battisti, di “vile e inutile vendetta” dello Stato e di “dignità” da restituire all’ex terrorista.

I soprusi subìti da battisti? Non gli danno il pc

Ma quali sarebbero questi soprusi? L’ozio forzato in una cella che il più delle volte non rispetta i canoni di legge; la mancanza di un computer e di francobolli.

Il manifesto così continua: “Al predetto, che ha scritto numerosi libri pubblicati in Italia ed all’estero, si impedisce l’uso del computer, ritenendosi, provocatoriamente ‘che non risulta alle autorità una sua professione che implichi la disponibilità del computer o di altro materiale didattico’, è evidente che gli si vuole impedire di interagire con le istanze esterne, culturali e mediatiche, che potrebbero fargli guadagnare il consenso di democratici e garantisti“.

Battisti deve avere consenso per le sue gesta?

Quindi un pluriomicida condannato all’ergastolo deve avere un pc per poter avere dei seguaci? Secondo Rifondazione comunista evidentemente sì.

“Che vergogna. Non si arrende mai – commenta Maurizio Campagna, fratello di Andrea, agente della Digos di Milano ucciso dai Pac nel 1979 – Queste cose dovrebbero far riflettere i giudici quando gli concedono i 45 giorni di sconto pena per ogni 6 mesi di buona condotta”.

L’ira dei parenti delle vittime

“Incitare persone a manifestare – prosegue Campagna – davanti a un carcere, per ottenere cose che non sono previste, a mio avviso, dovrebbe far decadere questi sconti. Ad Adriano D’Amico, Piperno e Saccomanno direi di aiutare le vittime del terrorismo e non i loro carnefici”. “Come membro del Direttivo Aiviter (Associazione Italiana Vittime del terrorismo) potrei consigliare loro i nomi di 500 familiari iscritti alla nostra associazione, che avrebbero più bisogno di aiuto, anche morale, visto che negli ultimi 40 anni hanno pianto i loro cari mentre il terrorista se la spassava in giro per il mondo”, conclude.

E’ amaro il commento di Alberto Torregiani – figlio del gioielliere ucciso dai Pac in una sparatoria nel 1979 e rimasto ferito lui stesso da un proiettile che gli ha fatto perdere l’uso delle gambe – sulla manifestazione per Cesare Battisti.

Torregiani: tra un po’ lo candidano a sindaco

“Tutto questo è allarmante, come da tempo avevo previsto. Il problema fondamentale sta nel Governo e la sua Commissione che non prende in seria considerazione una risoluzione al costante problema irrisolto da ormai oltre un anno. Sto pensando seriamente di prendere in mano la situazione, stante la incapacità o negligenza o altro, delle sedi che se ne dovrebbero occupare”.

“Ormai lo fanno passare per vittima – aggiunge – Sia chiaro, il diritto di ogni detenuto va rispettato, ma bisogna capire proprio cosa sta succedendo e dove si vuole arrivare. Mettere delle linee e dei paletti, perché continuando così, tra due mesi Battisti viene candidato a sindaco“.

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