Putin minaccia vendetta, scatta l’allarme della Nato: “Pronti a una reazione devastante”
Una lunga telefonata tra Vladimir Putin e Donald Trump ha riacceso le tensioni già altissime tra Russia e Occidente, segnando un nuovo capitolo di un conflitto che sembra avvicinarsi a un punto di non ritorno. La conversazione, durata oltre un’ora, ha visto il presidente russo lanciare minacce e avvertimenti, mentre l’ex presidente americano ha descritto il colloquio come “positivo, ma non sufficiente a portare alla pace”. Tuttavia, le parole di Putin sono state interpretate come un chiaro segnale di vendetta, con il leader russo che ha ribadito la volontà di rispondere con fermezza agli attacchi ucraini, tra cui il recente attacco agli aeroporti che avrebbe distrutto 41 velivoli da guerra, tra cui bombardieri strategici potenzialmente armati di testate nucleari.
Il quadro si è fatto ancora più teso con l’attacco al ponte di Kerch, fondamentale collegamento tra Crimea e Russia, considerato un affronto alla sovranità nazionale di Mosca. La risposta di Putin, già annunciata, potrebbe essere dura e mirata anche contro i civili ucraini, come già avvenuto in passato. Ma la novità più simbolica è stata il secondo colloquio, inusuale e di grande impatto, tra Putin e il Papa Leone XIV. Un gesto che ha suscitato speranze di un possibile passo diplomatico, anche se il Vaticano ha sottolineato come Mosca non abbia mostrato segnali concreti di volontà di allentare la morsa del conflitto.
Nel frattempo, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha espresso totale sfiducia nei confronti delle proposte di negoziato di Mosca, accusando Putin di usare i colloqui solo come tattica per guadagnare tempo e rafforzare le proprie forze. La Russia, dal canto suo, ha definito il governo di Kiev una “organizzazione terroristica”, rendendo difficile ogni spiraglio di pace. La situazione si fa sempre più critica, e la NATO si prepara a rispondere: gli Stati Uniti, attraverso il segretario alla Difesa Pete Hegseth, hanno avvertito che “Putin sta preparando le sue mosse” e hanno chiesto un aumento del budget militare fino al 5% del PIL dei paesi membri.
L’allarme è condiviso anche dall’Estonia, che ha sottolineato come siano necessari almeno cinque anni per raggiungere gli obiettivi di difesa richiesti dalla NATO, mentre la Germania si mostra più cauta, evidenziando le difficoltà strutturali e politiche di Berlino nel potenziare le proprie forze armate. Il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius ha stimato che sarebbero necessari tra i 50 e i 60 mila militari in più, con un rinnovamento delle infrastrutture e un ripensamento delle priorità di bilancio.
A Bruxelles, alla ministeriale della NATO in vista del vertice di fine mese all’Aja, si lavora a una linea comune sulla capacità di deterrenza e reazione. Il segretario generale dell’Alleanza, Mark Rutte, ha ribadito che “la vera deterrenza si costruisce con una preparazione reale” e che “quando si è pronti, la guerra non arriva”. La priorità resta evitare che il conflitto si estenda o diventi permanente, ma gli ultimi sviluppi indicano una realtà opposta: la strada della pace si fa sempre più stretta, mentre il riarmo e la preparazione militare sembrano essere le uniche opzioni percorribili.
Con Mosca che promette vendetta e la NATO che alza gli scudi, il prossimo mese potrebbe essere decisivo per il futuro della sicurezza globale. La comunità internazionale si trova di fronte a un bivio: continuare sulla strada della guerra o tentare ancora una volta la via diplomatica, anche se le speranze sembrano ormai ridotte al minimo. La crisi in Ucraina e le tensioni tra Russia e Occidente si avvicinano a un punto di svolta, con il rischio di un conflitto più ampio e di un’instabilità che potrebbe durare nel tempo.