«Io, marocchino, tolgo mio figlio dalla scuola materna di Bologna. I bimbi sono tutti stranieri»

La denuncia di Mohamed: «Non si fa integrazione così»

«Nella scuola materna di mio figlio c’è un grave problema di integrazione, lo devo portare via». Parola di Mohamed (nome di fantasia, ndr), 34enne di origine marocchina, laureato e impiegato a Bologna, arrivato in Italia quando aveva 4 anni, in tasca la cittadinanza italiana, proprio come la moglie, 32 anni, che in Italia invece ci è proprio nata, da genitori arrivati sotto le Due Torri nel lontano 1967. «Non voglio passare per razzista proprio io che sono marocchino, ma il Comune lo deve sapere che non si fa integrazione mettendo nelle classi più di venti bambini stranieri». E se lo dice proprio lui, che ha tenute ben saldo il collegamento con le radici del suo Paese d’origine pur vivendo a Bologna ed è un musulmano praticante, un certo effetto lo fa. Quella di Mohamed e del suo bambino è una storia come tante di iscrizione alla materna e di scelta della scuola, una scelta che si fa spesso in base al passaparola, per motivazioni logistiche o tenendo conto delle suggestioni dell’open day. «Al momento dell’iscrizione — racconta Mohamed — abbiamo indicato le quattro scelte richieste dal Comune: nelle prime tre scuole che avremmo preferito non c’era posto, ci hanno inseriti nella quarta». Una scuola dell’infanzia del San Donato-San Vitale, fuori Massarenti. «Il giorno dell’open day — spiega il papà del bimbo — avevo visto disegni con le bandiere di tutte le nazionalità nella scuola, ma avevo pensato si lavorasse molto sull’integrazione culturale, ma quando siamo arrivati a scuola il primo giorno ci siamo trovati in una classe con tutti i bambini stranieri». Tutti tranne uno, in realtà. Ma i numeri sono questi. «Le maestre facevano fatica addirittura a pronunciare i nomi dei bambini», racconta Mohamed. Che torna a casa e la prima cosa che fa, insieme alla moglie, è di telefonare all’ufficio scuola del suo quartiere. «La prima risposta che mi hanno dato è che, se non mi andava bene, il posto l’avrei dovuto rifiutare mesi prima, ma io non me lo sarei nemmeno sognato. Chi può conoscerla e immaginarla la composizione di una classe della materna? E soprattutto chi poteva immaginare che facessero classi con soli bambini stranieri?». Eppure l’ufficio scuola che prende in mano la pratica della famiglia di Mohamed risponde a tono, pare: «Mi hanno detto che nella classe ci sono 8 bambini italiani, che non sono tutti stranieri. Ma sono italiani come il mio, cioè con cittadinanza italiana, figli di genitori immigrati, molti dei quali non parlano ancora l’italiano».

«Non sono razzista»
Se Salvini fosse ancora ministro dell’Interno probabilmente questa storia l’avrebbe cavalcata e non è escluso che una visita alla scuola dell’infanzia fuori Massarenti l’avrebbe fatta. «Non voglio passare per razzista perché sarebbe folle viste le mie origini — dice Mohamed mettendo le mani avanti — ma qualcuno deve rendersi conto del problema in Comune, non si lavora così sull’integrazione». Perché adesso l’integrazione bisogna iniziare a giocarla, evidentemente, anche lavorando sul rapporto tra immigrati appena arrivati, immigrati di prima generazione e immigrati di seconda. Tre mondi diversi. Fatto sta che adesso Mohamed vuole togliere suo figlio dalla scuola comunale. «Stiamo cercando una privata — dice —, siamo disposti a pagare, ma il problema è che in Italia le private sono quasi tutte cattoliche e noi siamo musulmani». E anche in questo caso, neanche a dirlo, l’integrazione sembra un’impresa impossibile. La Ies, a quanto dice Mohamed, per ora non ha trovato una soluzione adatta al bimbo. «Noi siamo genitori attenti — spiega il papà — e non ci basta che nostro figlio stia in un posto tutto il giorno perché noi dobbiamo lavorare, vorremmo un posto che favorisca la sua crescita e che lo aiuti a sentirsi parte di questa città. Come è possibile in una classe con più di 10 nazionalità diverse? Non è possibile, tenere 19 bambini stranieri insieme non è fare integrazione, è ostacolarla».