Il M5S diceva: “Non faremo mai lo svuotacarceri”. E ora apre le celle

C’era una volta un Movimento Cinque Stelle che al solo sentire la parola “svuotacarceri” s’inalberava non poco. “Mina alla base il principio della certezza della pena”, “non risolve nulla”, “apre la cella ai criminali”, sono solo alcune delle storiche reazioni.

Eppure si tratta dello stesso Movimento che lunedì nel decreto “Cura Italia” ha fatto inserire, per mano del suo ministro alla Giustizia, la possibilità per i detenuti con meno di 18 mesi residui di scontare la pena ai domiciliari. Appunto, uno svuotacarceri.

L’articolo 123 del decreto, come raccontato ieri dal Giornale.it, permetterà a ladri, rapinatori, spacciatori e truffatori di lasciare le patrie galere e di tornare al proprio domicilio, sempre che ci siano sufficienti braccialetti elettronici per tutti. Per ora non ci sono stime ufficiali: si parla di 5-12mila carcerati coinvolti. Ma la decisione spetterà ai giudici del tribunale di sorveglianza, unici deputati a decidere chi scarcerare e chi no.

La misura non è piaciuta quasi a nessuno. Si sono sollevate protesta da parte delle associazioni come Antigone, convinte che il governo potesse fare di più. Per l’Unione delle Camere Penali la mancanza di braccialetti rende la misura insufficiente a risolvere la “situazione esplosiva delle carceri”. Il coronavirus minaccia gli istituti di pena, sovraffollati oltre l’immaginabile: su 51mila posti disponibile, ne risultano occupati oltre 61mila. Alcuni detenuti sono già positivi, e se il contagio dovesse allargarsi sarebbe impossibile arrestarlo.

Dalla parte dei critici ci sono anche la polizia, che ritiene lo “svuotacarceri” un “premio” ai detenuti rivoltosi che la scorsa settimana hanno devastato le patrie galere. E il centrodestra, con Salvini in prima fila: la Lega ha avviato una campagna per “ricordare” agli ex colleghi di governo del M5S le loro posizioni sullo svuotacarceri voluto a suo tempo dall’allora ministro Orlando. Tra i grillini presidi mira ci sono Francesca Businarolo, attuale presidente della Commissione Giustizia alla Camera; Vittorio Ferraresi, sottosegretario; e ovviamente Alfonso Bonafede, diventato poi Guardiasigilli.

Ad esempio, Bonafede a marzo del 2018 contestava a Gentiloni di aver fatto, con lo svuotacarceri, “un affronto che non può essere accettato”. E il 7 giugno dello stesso anno ripeteva che questo tipo di misura “mina alla base il principio della certezza della pena”. Posizione poi ribadita anche il 26 settembre del 2018, quando cioè era già alla guida del ministero di via Arenula: “Questo governo – assicurava – non farà mai indulti o svuotacarceri”. Più recentemente, nel luglio del 2019, era stato perentorio assicurando che il governo non avrebbe puntato sulla “comoda scorciatoia di provvedimenti svuota carceri attraverso cui si rischia di rimettere in libertà soggetti che non hanno intrapreso o completato un serio percorso rieducativo a cui la pena deve tendere”.

Ma la posizione anti-libera tutti ha (o aveva?) radici profonde. Una dura critica a questo tipo di soluzione era stata messa nero su bianco nel 2014 dal Blog di Grillo, secondo cui il decreto svuotacarceri “ha già fatto uscire mafiosi, assassini e stupratori” e “non risolve nulla”. La linea dettata dal sito del comico è stata tenuta diligentemente da Ferraresi, che ad agosto del 2013 proponeva di “trasferire i detenuti nei Cie”. La Businarolo non era da meno: “Questo provvedimento – diceva nel 2014 – rappresenta un’offesa alle vittime e uno sfregio al sistema giustizia, un chiaro segnale che la giustizia la volete annientare a favore di una società di criminali e mafiosi a piede libero”.