Nuovo allarme, la virologa: «Ci sono troppi morti in Lombardia, forse il coronavirus è mutato»

 

Qualcosa non va, l’allarme è alto, i conti non tornano. Il coronavirus Sars-CoV-2 «potrebbe essere mutato». Ad avanzare l’ipotesi è Maria Rita Gismondo. È la direttrice del Laboratorio di microbiologia clinica dell’ospedale Sacco di Milano, centro di riferimento contro Covid-19. L’esperta esprime «un pensiero convergente» con quello della virologa Ilaria Capua, docente all’università della Florida. «In Lombardia c’è qualcosa che non comprendiamo. Si sono superati i morti della Cina in un’area infinitesimamente più piccola e in un tempo minore».

L’aggressività del coronavirus

«Sta succedendo qualcosa di strano», avverte Gismondo parlando all’AdnKronos Salute . «In Lombardia c’è un’aggressività del coronavirus che non si spiega. Le ipotesi possono essere tutte valide», precisa. «Ma una è che il virus sia forse mutato». Per questo «lancio un appello alla comunità scientifica: uniamoci per capire», esorta la virologa. «Se tutti ci mettiamo insieme e ne studiamo un pezzetto, probabilmente riusciremo a comprendere».

Entrato in Italia dalla Germania e dalla Cina

Il virus è entrato in Italia due volte, dalla Germania e dalla Cina, in momenti diversi. È quanto emerge dallo studio condotto dal gruppo di epidemiologia molecolare dell’Università Campus Bio-Medico di Roma guidato da Massimo Ciccozzi. «La ricerca che abbiamo effettuato dimostra che in Italia si sono succeduti due differenti eventi epidemici in due momenti distinti e probabilmente distanti tra loro. Uno che viene direttamente dalla Cina, l’altro invece da un Paese europeo, probabilmente la Germania. Ciò significa che non siamo stati noi italiani gli untori dell’Europa, bensì quelli che hanno subito l’evento”, spiega Ciccozzi.

Lo studio sul coronavirus

Il lavoro è stato condotto con le tecniche dell’epidemiologia molecolare, che sfruttano modelli matematici e statistici applicabili a tutte le sequenze di genomi completi del coronavirus isolato nei pazienti infetti. «In pratica queste tecniche – spiega ancora Ciccozzi – permettono di dire, sulla base delle differenze genetiche isolate, se un gruppo di pazienti ha subito lo stesso evento epidemico o se l’evento epidemico è dovuto a un solo paziente. In questo caso si è visto che sono due gruppi di eventi epidemici in Italia leggermente distanziati a livello temporale l’uno dall’altro”.

Fonte: secoloditalia.it