Ultim’ora: Ospedale fiera, scomparsi i 10 milioni donati da Berlusconi. Un caso?

Coronavirus, ospedale Fiera: sono spariti i 10 milioni donati da Berlusconi

Mentre il Coronavirus in Italia continua a farla da padrone, nonostante ci sia stata una lenta ripartenza di quasi tutte le attività, il numero di malati e morti resta alto. Ma gli ospedali adesso hanno un numero di pazienti nettamente inferiore e anche le persone che necessitano di terapia intensiva è in diminuzione costante. Resta però avvolto nel mistero – come riporta il Fatto Quotidiano – il progetto dell’ospedale della Fiera di Milano, e che ha ospitato fin qui solo 25 pazienti, su una capienza massima di 221 posti letto. Il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli ha aperto un fascicolo, per il momento senza indagati, in seguito ad un esposto del Cobas, che ha chiesto di far chiarezza sui versamenti: 21,6 milioni e sulle spese per i posti letto: attualmente ogni letto occupato è costato 840 mila euro.
La prima parziale rendicontazione fornita, indica una spesa di 17,25 milioni, ive esclusa, ma mancano parecchi dettagli sui nomi dei benefattori e le esatte voci di spesa. Si apprende – come riporta il Fatto – che non c’è più traccia dei 10 milioni donati da Silvio Berlusconi. Fondazione Milano, che gestisce il fondo sul quale sono affluiti i soldi dei donatori, ha smentito seccamente di aver ricevuto l’assegno. I soldi sarebbero stati versati direttamente sul conto di Regione Lombardia, ma nonostante la conferma della donazione da parte di Gianluca Comazzi, capogruppo di Forza Italia al Pirellone, evidenze di quel versamento ad oggi non ce ne sono.
Tra i contrari all’opera c’era – come riporta il Fatto Quotidiano – il professor Zangrillo, primario di anestesia e rianimazione al San Raffaele di Milano. “Un’operazione inutile” – disse sbattendo la porta ad una delle prime riunioni sull’ospedale. La sua previsione, infatti, era che quando la struttura sarebbe stata pronta la curva di ricoveri in terapia intensiva sarebbe stata in calo, inoltre diceva “credo che non si possa assemblare un reparto di terapia intensiva senza fondarlo su un gruppo di medici infermieri abituati a lavorare insieme”. Ma non gli hanno dato retta.