Torna a parlare dopo 4 mesi di terapia intensiva: quello che rivela lascia senza fiato

Timore per gli eventuali effetti del vaccino, da qui la decisione di non farlo e il contagio che lo ha quasi ucciso. Si considera un miracolato Marcello Bruscia, militare di 52 anni, originario di Palermo e residente a Bologna da 33 anni, solo per il fatto di essere vivo, anche se attualmente non riesce quasi a muoversi, fatica a parlare e dopo i quattro mesi di terapia intensiva occorrerà un lungo periodo di riabilitazione e, forse, le cose non saranno mai più come prima, ma Marcello ha fiducia.

Da cosa è stata determinata la scelta di non fare il vaccino?
“Paura delle conseguenze. A noi militari era destinato Astrazeneca e c’erano stati i problemi con i trombi. Io non sono un No vax, le vaccinazioni le ho fatte tutte, ma di questo non avevo fiducia. Ho aspettato ed ho sbagliato: io sono un miracolato, me lo hanno detto i medici. Il Covid uccide e se non lo fa ti fa soffrire in modo terribile”.

Quando si è ammalato?
“A settembre. Ho fatto quattro mesi di Terapia intensiva al Sant’Orsola. Poi sono venuto qui al Bellaria e oggi (ieri, per chi legge) vado a Montecatone per iniziare la riabilitazione”.

Ha idea di dove possa essersi infettato?
“Sì, ho due figli di undici e tredici anni. Loro si sono contagiati a scuola perché c’era un’insegnante che non si era vaccinata. E così mi sono ammalato anche io”.

I ragazzi non erano vaccinati?
“No, ma ora sono prenotati, mentre mia moglie è già vaccinata”.

Lei pensa di vaccinarsi?
“Certamente, appena sarà possibile. Nel senso non appena i medici mi diranno che posso farlo lo farò. Racconto quello che è accaduto a me per dire a tutte le persone che hanno titubanze e ancora non si sono vaccinate di farlo subito, di non attendere, di non fare l’errore che ho fatto io perché le conseguenze possono essere terribili”.

Lei è stato quattro mesi in terapia intensiva, è stato intubato. Che cosa ha provato in quei momenti?
“Paura, paura di non farcela. Si è come dentro a un tunnel, non c’è nulla, c’è il buio. L’unica consolazione era quella di pensare alla mia famiglia”.

Come si sente adesso?
“Bene nel senso che se ripenso a quel periodo non posso che dire che sto meglio. Ma non sono certo in forma. C’è ancora tanta strada da fare”.

Si sente fiducioso sul percorso di recupero?
“Sì, ho tanta volontà di riprendermi e so che anche la struttura dove andrò, Montecatone, è eccezionale. Come del resto lo sono state queste dove si sono presi cura di me fino a ora”.

Che cosa vuole fare non appena si sentirà meglio?
“Voglio andare a trovare tutti i medici, gli infermieri e il personale che mi hanno curato e aiutato perché non solo sono stati professionalmente eccezionali, ma lo hanno fatto con grande dedizione. Io posso solo dire che sono angeli, non ho altre parole per definirli. E non appena potrò tornerò a ringraziarli tutti”.

Marcello è circondato dal personale del Bellaria che non lo perde d’occhio un attimo, i monitor dei parametri vitali lo tengono sotto controllo ma non si tratta solo di dovere professionale: negli occhi di tutti c’è gioia e soddisfazione nell’osservare questo uomo che è passato attraverso una delle esperienze personali e sanitarie più difficili che si possano affrontare ed ha trovato la forza di raccontare la sua storia affinché altri non facciano quello che lui stesso ha definito “lo sbaglio di non vaccinarsi”. Marcello ci saluta e sorride ringraziandoci per avergli dato la possibilità di portare il suo messaggio. Auguri Marcello, che la forza sia con te.