Repubblica rosica contro Briatore e la sua pizza da 65 euro: la feccia rossa non riesce a farsene una ragione del successo dell’imprenditore cuneese. Ai pennivendoli di regime piacciono solo i ricchi sfruttatori alla Agnelli. D’altronde sono i loro padroni

Su La Repubblica si può leggere un resoconto ferocemente ironico e indispettito dell’esordio romano di Crazy Pizza, la nuova catena inaugurata mesi fa da Flavio Briatore a Londra, Montecarlo e Milano per poi sbarcare nel salotto della Capitale. I toni sono poco concilianti: 260 euro di conto finale. E questa descrizione: “Ai tavoli schiene nude e tatuate, magrissime. Gli uomini attillati, abbronzati, gente di mare che se ne va. Ma a Porto Cervo. Un risucchio indietro nel tempo e ci ritroviamo nel Drive In. Il 1988 ci stritola come un parente con troppo deodorante Bac”. Non va meglio sulle pagine dell’Imbruttito, dove l’esperienza viene descritta come tutt’altro che esaltante. Leggiamo (e qui la recensione riguarda il locale in Largo La Foppa a Milano): “Mentre attendiamo le pizze, non ci viene offerto nessun antipasto (un po’ ci speravo!) e quindi iniziamo a vagare con lo sguardo per mettere a fuoco la fauna intorno a noi: famiglie ricche, businessman, coppie annoiate ma vestite Gucci, ragazzini in Balenciaga con collane e braccialetti di perle, di nuovo famiglie ricche e così via. “A questo punto meglio i caraibi!”, esclama una signora. C’è addirittura un manipolo di diciottenni, in piedi al bancone, che fanno serata tra di loro e sembra a tutti una cosa normale. L’acustica è terribile, quindi il locale risulta molto chiassoso, ma per fortuna c’è la selezione musicale a venirci incontro: Self Control di Raf, Felicità puttana dei TheGiornalisti”.

E alla fine arriva Porzio
Insomma, è chiaro che chi va da Crazy Pizza non ci va per la sola pizza made in Briatore ma per immergersi in un tiratissimo e lucidato mood anni Ottanta, memore di Yuppies, del Billionaire, del Twiga e del divertimento da villaggio turistico. Però alla fine la pizza è al centro della nuova impresa del discusso manager, e allora assaggio competente e spietato sia. Errico Porzio, che già aveva passato ai raggi X quella di chef Cracco, fa lo stesso con la Crazy Pizza. La sua perplessità maggiore è per la pizza Pata Negra che, per avere tra gli ingredienti il prosciutto spagnolo, arriva a costarr 65 euro. “Un po’ troppo”. Ma poi si riparte dalla base, la Margherita. E com’è quella versione Crazy che costa 14 euro? Dice Porzio: “Chi viene qui lo fa per fare una esperienza una volta nella vita. La pizza è molto sottile e leggera, si piega facilmente e cede sotto il peso del condimento. Non c’è lievito, non c’è il caratteristico bordo alto napoletano ma non è nemmeno croccante alla maniera romana. Viene fatta su una base precotta, la cottura viene completata in forno elettrico a temperatura minore di quella della tipica pizza napoletana. Ma un prodotto così ha qualcosa di geniale: può essere replicato e riproposto dappertutto”. La qualità? “Non è un discorso che farei in questa sede”. Applausi al colpaccio di marketing, la vera pizza napoletana è altrove. Senza rancori.