Quel nuovo studio sui tamponi ‘I nuovi positivi non contagiosi’

Il professor Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, non fa tanti giri di parole quando afferma che il coronavirus presenta adesso una carica virale molto più bassa rispetto a qualche settimana fa.

Nell’intervista al Corriere, il professore sarebbe assolutamente contrario all’idea di richiudere la Lombardia. E anzi, l’Istituto superiore di Sanità e il governo dovrebbero rendersi finalmente conto che la situazione oggi è cambiata, e che siamo molto lontani da quanto stava avvenendo quel terribile 20 febbraio. Remuzzi invita quindi entrambi a comunicare alla popolazione in che fase ci si trova adesso, in modo da evitare allarmismi e paure, a suo dire, ingiustificate.

Come funzionano i tamponi

La media giornaliera di nuovi contagi nella sola regione Lombardia è al momento del 70-80%. C’è però da spiegare una cosa molto importante. Proprio per fare questo, all’Istituto Mario Negri sta per essere pubblicato uno studio contenente informazioni utili per tutti. Per spiegare di cosa si tratta, Remuzzi fa prima una premessa parlando del funzionamento dei tamponi. Per quanto riguarda la ricerca del virus viene utilizzata la tecnica della reazione a catena della polimerasi. Questa riesce infatti ad amplificare alcuni frammenti specifici di Dna in un campione biologico. “Per il Covid-19, funziona così. Il genoma del coronavirus presente sui tamponi, ovvero l’Rna, viene trascritto a Dna e amplificato mediante tecnica Pcr, che aumenta enormemente il materiale genetico di partenza. Più elevato è il contenuto sul tampone di Rna, quindi di virus, e meno dovrà essere amplificato” ha spiegato il professore.

La carica virale adesso è bassa e non contagiosa

Durante la ricerca sono stati presi in considerazione 133 ricercatori del Mario Negri e 298 dipendenti della Brembo. Quaranta i casi di tamponi positivi. Questa positività però non è emersa immediatamente, ma solo in seguito a cicli di amplificazione molto alti, tra 34 e 38 cicli, corrispondenti a 35.000-38.000 copie di Rna virale. Cosa vuol dire ciò? Che la carica virale in questi casi di positività è estremamente bassa e non contagiosa. Di fatto vengono chiamati contagi, ma in realtà sono soggetti positivi al tampone. Remuzzi ha quindi sottolineato che commentare ogni giorno quei dati non è necessario, proprio perché non riguardano positività che ricadono nella vita reale.

E per avere una positività contagiosa quanto si deve amplificare? “Sotto le centomila copie di Rna non c’è sostanziale rischio di contagio, secondo un lavoro appena pubblicato da Nature e confermato da diversi altri studi. Quindi, nessuno dei nostri 40 positivi risulterebbe contagioso. Questo significa che il numero dei nuovi casi può riguardare persone che hanno nel tampone così poco Rna da non riuscire neppure a infettare le cellule. A contatto con l’Rna dei veri positivi, quelli di marzo e inizio aprile, le cellule invece morivano in poche ore” , ha spiegato Remuzzi in modo chiaro e diretto. Non sarebbe però solo lo studio condotto dal Mario Negri a sostenere questa tesi. Il professore ha tenuto a sottolineare che anche una ricerca del Center for Disease Prevention della Corea, effettuato su 285 persone asintomatiche positive, ha rintracciato 790 loro contatti diretti. Di questi sono risultate zero positività.

A questo punto sarebbe il caso che l’Iss e il governo spieghino alla popolazione che una positività inferiore alle centomila copie non è contagiosa. Non è allora necessario isolarsi in casa, né continuare con i tracciamenti che erano invece utili all’inizio. Per quanto riguarda Vo’ Euganeo e il Veneto, Remuzzi ribadisce che “il professor Crisanti abbia fatto un grande lavoro, agendo subito e con decisione. Quel metodo, doppio tampone e tracciamento, va bene per un piccolo focolaio. Ma se il virus circola da mesi e poi esplode come accaduto in Lombardia, quel metodo rischia di diventare controproducente, a meno di avere a disposizione una organizzazione pazzesca tipo Wuhan”.

Il caso della Lombardia

Sarebbe il caso che la comunità scientifica e i governi recepiscano velocemente i risultati degli studi, così da evitare del panico ingiustificato. Il fatto che quasi l’80% dei nuovi casi interessi una sola regione, la Lombardia appunto, è il risultato della quantità enorme di malati che ci sono stati. Il coronavirus si è diffuso tantissimo e adesso ne stiamo ancora pagando l’alta diffusione. Se i nuovi casi registrati ieri in Lombardia, 216 su 333 totali, sono uguali ai 40 dello studio del Mario Negri, con una positività quindi inferiore a centomila, il dato in sé non preoccupa molto Remuzzi.

Ha tenuto però a precisare che “c’è solo un modo per scoprirlo. Bisogna dire quanto Covid-19 c’è nelle nuove positività. E quello che sto chiedendo. Il virus è lo stesso, certo. Ma per ragioni che nessuno conosce, e forse per questo c’è molta difficoltà ad ammetterlo, in quei tamponi ce n’è poco, molto meno di prima. E di questo va tenuto conto”. Molto vicino al pensiero espresso nei giorni scorsi dal virologo Matteo Bassetti. Remuzzi ha infine sottolineato di non essere assolutamente un difensore della Lombardia, ma di essere un medico e, per questo motivo, di dire le cose come stanno.