Problemi al cuore dopo la dose: finalmente si fa chiarezza

Finalmente si fa chiarezza in merito alle conoscenze sui rischi di comparsa di miocardite e pericardite nelle persone sottoposte a vaccinazione per il Covid-19. Ed è una conferma del beneficio del vaccino a Rna-messaggero (nel 3% circa dei casi è stato seguito anche il percorso dopo vaccinazione con vaccino Johnson &Johnson), anche sotto questo aspetto, rispetto al rischio di infezione naturale.

L’analisi, apparsa su Jama e coordinata da George A. Diaz, del Providence Regional Medical Center di Everett prende in considerazione più di due milioni di persone in quaranta ospedali a Washington, Oregon, Montana e nella contea di Los Angeles, in California sottoposte ad almeno una vaccinazione per Covid-19. Grazie alla raccolta dei dati la popolazione (età media 57 anni in quasi sei casi su dieci femminile) ha correlato i tassi mensili di diagnosi ospedaliere di miocardite e pericardite prima del vaccino e dopo la disponibilità dello stesso.

In 20 persone si è osservata una miocardite correlata alla vaccinazione, comparsa mediamente dopo 3-4 giorni dall’inoculazione, e in 37 casi una pericardite. Per quanto riguarda l’infiammazione del miocardio l’età media era di 36 anni, quattro persone hanno sviluppato sintomi dopo la prima vaccinazione e sedici dopo la seconda. Solo un paziente osservato non ha avuto bisogno del ricovero ospedaliero, durato in media due soli giorni va anche detto che tra questi malati non ci sono stati decessi o nuovi ricoveri e che la tendenza nei controlli a distanza è stata globalmente positiva. Capitolo pericardite, ovvero infiammazione della membrana che ricopre il cuore.

In 15 malati l’evento (età media più avanzata, intorno ai 60 anni) si è manifestato dopo la prima vaccinazione, e in 22 dopo il richiamo. In genere il quadro si è manifestato più tardi rispetto alla miocardite, mediamente a venti giorni dalla somministrazione dell’ultima dose vaccinale. Non c’è stato bisogno di alcun ricovero in terapia intensiva e nessun paziente è deceduto. Nei controlli a distanza di tempo (mediamente un mese circa) nei pazienti seguiti si è notato un miglioramento. Va detto che nel periodo pre-vaccino il numero medio di casi di miocardite e pericardite è risultato inferiore, rispetto a quello osservato nel periodo della vaccinazione.

“Lo studio fornisce importanti informazioni sulla occorrenza di miocarditi e pericarditi (infiammazioni della parete del cuore o della membrana che lo riveste, rispettivamente) occorsi in oltre 2 milioni di individui vaccinati negli Usa nell’arco di poco più di un anno – commenta Pasquale Perrone Filardi, Ordinario di Cardiologia all’Università Federico II di Napoli e presidente eletto della Società Italiana di Cardiologia (Sic). L’incidenza osservata di miocarditi è stata di un caso ogni 100000 soggetti vaccinati, ed ha riguardato soprattutto le fasce più giovani (età media 36 anni). Si tratta di una incidenza ben inferiore a quella “naturale”, ovvero quella dei soggetti non vaccinati, pari a 22 casi ogni 100000 soggetti.

Lo stesso discorso vale per la pericardite, che riguarda soggetti di età più avanzata, con una incidenza di 1,8 casi ogni 100000 vaccinati”. Come spiegare queste cifre dopo somministrazione di vaccini a mRNA? “Una reazione infiammatoria, indotta dalla risposta immunitaria alla somministrazione del vaccino, è verosimilmente causa di tali effetti collaterali, la cui natura benigna, emersa anche da questa osservazione, rende il profilo di rischio beneficio assolutamente favorevole al vaccino – fa sapere l’esperto. Giova infatti ricordare che i dati del Cdc Europeo aggiornati al mese di agosto 2021 ci dicono che la letalità del virus in Italia (ovvero il numero di decessi per gli individui colpiti dall’infezione) si attesta al 2,9%. Per questo abbiamo oggi un ulteriore importante studio di popolazione che aggiunge importanti evidenze al profilo favorevole di rischio/beneficio dei vaccini ad mRNA.”