Premier Meloni, il noto avvocato torna all’attacco: l’accusa in Tv sul referendum
A pochi giorni dal cruciale referendum sui diritti del lavoro e sulla cittadinanza, l’Italia si trova nuovamente scossa da una polemica politica di vasta portata. Nel mirino questa volta è finita direttamente la Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, accusata dall’avvocato Luigi Li Gotti di aver violato il silenzio elettorale con un gesto simbolico che, secondo il legale, configurerebbe un reato.
L’annuncio della premier di recarsi al seggio senza ritirare le schede referendarie ha scatenato un vespaio di reazioni. Li Gotti, intervenuto durante la trasmissione “Piazza Pulita” su La7, ha sollevato dubbi sulla legittimità di tale scelta, sottolineando come il gesto, in un momento di silenzio elettorale, possa essere interpretato come una forma di propaganda per l’astensione. “Nel momento in cui la presidente Meloni annuncia di andare al seggio e di fare il gran rifiuto delle schede, sa benissimo che sarà seguita dalle telecamere”, ha dichiarato Li Gotti, accusando la premier di inviare un messaggio politico agli elettori.
L’accusa, per quanto provocatoria, ha immediatamente acceso il dibattito politico e giuridico. Li Gotti, noto per le sue posizioni critiche nei confronti del governo, non è nuovo a questo tipo di attacchi. Come ricorda “Il Giornale”,, l’avvocato è stato l’autore della denuncia che ha portato all’avviso di garanzia per Giorgia Meloni e altri ministri nel controverso caso Almasri.
#Meloni: “vado al seggio ma non ritiro le schede”
Avvocato @LuigiLigotti : “la presidente @GiorgiaMeloni è consapevole che sta facendo un gesto di propaganda, diventa un messaggio per gli elettori, e la propaganda, quando c’è il silenzio elettorale, è un REATO”#referendum2025 pic.twitter.com/74kL364Tqo
— Malgradotutto (@malgradotutto) June 6, 2025
La questione sollevata da Li Gotti si concentra sull’intenzionalità del gesto della premier. Sebbene la legge n. 212/1956 vieti ogni forma di propaganda nelle 24 ore precedenti l’apertura dei seggi, il legale sostiene che l’annuncio di un atto simbolico, come il rifiuto delle schede, possa condizionare l’elettorato, configurando una “consapevolezza comunicativa” che violerebbe il silenzio elettorale.
La tesi di Li Gotti, tuttavia, non è condivisa da tutti. Molti costituzionalisti sottolineano come, in assenza di un’esplicita esortazione all’astensione, simili comportamenti rientrino nella libertà di espressione del pensiero politico. La discussione si sposta quindi su un terreno scivoloso: quello dell’interpretazione del simbolismo politico e dei suoi limiti legali.
Tuttavia, l’accusa di Li Gotti rischia di alimentare ulteriormente le tensioni in un momento già delicato, alla vigilia di un referendum che si preannuncia cruciale per il futuro del Paese. La vicenda, che si preannuncia lunga e complessa, mette in luce ancora una volta il difficile equilibrio tra libertà politica e rispetto delle regole, in un contesto in cui il confine tra azione politica e azione giudiziaria sembra sempre più labile. La premier Meloni, ancora una volta, si ritrova al centro di un processo che è prima mediatico e solo poi – forse – giuridico, in un clima politico sempre più polarizzato.