Poveri e nullatenenti per lo Stato, ma con ville e terreni per 1,5 milioni di euro: maxi sequestro al clan rom

Quante volte li vediamo chiedere l’elemosina, per strada o davanti a una chiesa. Ma a volte risultano essere più ricchi di quanti tendono loro la mano per elargire qualche euro. Di una ricchezza che chi suda per la sopravvivenza quotidiana nemmeno riesce a immaginare. E dunque, è successo ancora: persone di etnia rom con disponibilità finanziarie ben lontane dall’apparente povertà. A Vercelli, questa volta.

La locale Guardia di Finanza, i carabinieri di Bergamo e la Dia di Milano, al termine di complesse indagini patrimoniali, hanno sequestrato un patrimonio del valore di 1,5 milioni di euro, che per l’appunto fa capo a sei persone rom appartenenti ad una famiglia che da decenni si è insediata nella provincia piemontese, tra i Comuni di Gattinara e Rovasenda. In sostanza, come si evince dall’esito del provvedimento di sequestro emesso dal Tribunale di Torino, nel mirino degli investigatori sono finite tre ville di pregio e due terreni riconducibili alle sei persone in questione. I beni (ora in possesso dell’amministratore giudiziario nominato dal Tribunale di Torino) sarebbero frutto di sperequazione patrimoniale che non avrebbe nulla a che vedere con il profilo economico reddituale dei rom. La famiglia di (presunti) nomadi, molto nota nel Vercellese, anno dopo anno si è arricchita sempre di più attraverso attività illecite, al punto che i soggetti in questione risultano già pregiudicati per reati contro la persona.

Non è leggenda – Quella dei rom milionari non è poi una leggenda campata in aria. Appena cinque mesi fa, in pieno confinamento da coronavirus, sono stati due i milioni di euro sequestrati al 46enne Nenad Jovanovic, vero nome di un rom che di nomi ne ha cambiati a decine ma che per tutti è stato il “re delle truffe rip deal” , ovvero una tecnica che consiste nel proporre operazioni di cambio apparentemente veloci ma in realtà fraudolente. Cioè, l’uomo proponeva scambi vantaggiosi a ignari clienti ai quali pagava la merce con soldi falsi per poi darsela a gambe. Ben vestito, frequentatore delle hall degli hotel di lusso, l’ultimo affare che aveva portato a termine ha riguardato l’acquisto di un diamante del valore di tre milioni di euro, pagato con banconote false da 200 euro. Il tutto ripreso dalle telecamere. Aveva addirittura un alloggio assegnatole dal Comune di Prato la famiglia rom capitanata da Djula Ahmetovic, che nascondeva un patrimonio del valore di 2,5 milioni di euro che la Finanza ha sequestrato un paio di anni fa. Conti correnti, polizze vita, libretti postali, cassette di sicurezza, titoli, che stridevano con l’apparente vita povera della donna e dei suoi quattro figli. Ed è difficile dimenticare la storia di Sena Halilovic, nota ai più come Raselma, del clan matriarcale rom dei Korakhanè, originari del Kosovo. Ricchissima, milionaria, si è spacciata per anni per una povera squattrinata e per questo bisognosa degli assegni statali per poter mettere insieme il pranzo con la cena. Catturata in Spagna, era poi svanita nel nulla fino a che, nel novembre del 2018, è stata pizzicata a Torino, comune dal quale era riuscita ad ottenere circa 70mila euro sotto forma di aiuti. Tra le ricchezze accumulate con il furto di rame, truffe e traffico di auto rubate in Italia e rivendute nei Paesi dell’Est, risulta addirittura un castello e una casa bunker in Bosnia Erzegovina.

L’Europa Quadretti che stridono con l’immagine dei rom che non arrivano a fine mese e che l’Unione europea è sempre più intenzionata a sostenere. È di due giorni fa, infatti, il piano decennale pensato dall’Ue in cui si invitano gli Stati membri ad elaborare delle strategie nazionali (da presentare entro la fine del 2021) per evitare alla popolazione rom di dover far fronte quotidianamente a “discriminazioni ingiustificate, antiziganismo ed esclusione socioeconomica”. L’Ue si raccomanda di intervenire in settori chiave quali uguaglianza, inclusione, partecipazione, istruzione, occupazione, sanità e alloggi. «Solo diritti e nessun dovere nel piano decennale adottato dalla Commissione europea a sostegno dei Rom. Si usano termini come uguaglianza, inclusione, occupazione, sanità e alloggi ma non c’è nemmeno un accenno all’obbligo di mandare i bambini a scuola, alla garanzia di farli vivere in condizioni igieniche adeguate o per esortare a porre fine alla vergognosa pratica dell’accattonaggio minorile», tuona Giorgia Meloni, presidente Fdi. «L’ennesimo atto ideologico e buonista di una Ue che, in piena emergenza Covid, sale in cattedra per dare lezioni di integrazione imponendo regole generali senza conoscere la realtà. Il tutto, ovviamente e rigorosamente, pagato con i soldi dei cittadini».

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