Pietro Senaldi e gli Stati Generali di Conte: “La passerella del premier? No, il funerale del governo”

 

Al pensiero che questi Stati Generali indetti da Giuseppe Conte debbano durare fino alla fine della settimana, c’è da tagliarsi subito le vene. È bastato il primo giorno di sfilata per averne le tasche piene e vedere confermati tutti i peggiori sospetti. Questa passerella di luoghi comuni e politici meno che ordinari non salverà l’Italia. Anzi, la kermesse ha più le sembianze di un lunghissimo funerale di Stato, come si facevano in Urss ai leader mai eletti. Il morto che non fa altro che parlare è l’organizzatore. Più si agita, più rivela le proprie debolezze. Conte si è inventato questo teatrino per darsi importanza ma nessuna sua iniziativa ha mai ricevuto tante critiche. Valga per tutte la sentenza lapidaria di Mario Monti, che ha definito l’appuntamento di Villa Dora Pamphilj «la Bilderberg grillina».

L’appuntamento doveva iniziare con la convocazione dei leader del centrodestra, che si sono ben guardati dal presentarsi. Li ringraziamo, perché ci hanno regalato un giorno in meno di tormento. D’altronde, erano stati chiamati solo per fare le belle statuine. Ieri il premier ha rivolto loro l’ennesimo appello alla collaborazione, ricevendo la risposta che in politica si lavora insieme in Parlamento, non davanti ai fotografi. Così la sfilata è partita con la presidente della Commissione Ue, Ursula Von der Leyen, il presidente dell’Europarlamento, David Sassoli e il nostro prode commissario al nulla, Gentiloni, i quali hanno formalizzato l’ennesima cessione di sovranità all’Unione. Senza i suoi soldi, prima falliremmo e poi finiremmo commissariati. Con i suoi soldi, prima finiremo commissariati e poi falliremo. Altra star della giornata è stato il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, che ha chiesto la riforma fiscale; sai che novità. Conte gli ha risposto che non c’è problema, sostenendo che le tasse non sono eque. Frase sibillina che prelude a un aumento del prelievo anziché alla sua riduzione.

Zero risposte – Il premier ha toccato tutti i temi laterali del Paese, guardandosi bene dall’affrontare quelli economici. Punta sull’ambiente, sulla cultura, sulle pari opportunità. Nella sua vanità, Conte si vanta della bellezza dell’Italia quasi fosse merito suo, e finisce per diventare ridicolo. Sulle casse integrazioni non pagate, sui liberi professionisti partite Iva ai quali ha negato i seicento euro, sugli affitti non sospesi né rimborsati ai locali rimasti chiusi, sui 25mila euro garantiti dallo Stato che oltre il 50% delle aziende richiedenti non hanno mai visto, il presidente del Consiglio non ha speso una parola. L’unica informazione pratica che il premier ha dato in tema economico è che i quattrini veri arriveranno nel 2021, quindi per sei mesi ci dovremo arrangiare e dopo l’estate non ci sarà modo di evitare la temuta crisi drammatica. Il premier ha taciuto pure sul disastro della giustizia, ancora ferma come in pieno picco Covid-19, o su quello della scuola, che riaprirà con calma, a fine settembre, dopo che tutti avranno fatto i loro comodi, oppure il 14, per poi chiudere dopo tre giorni perché il 20 ci saranno le elezioni Regionali, nella data alla quale puntava la maggioranza e non a luglio, come invece volevano i governatori Zaia e Toti. Silenzio anche sui fallimenti del reddito di cittadinanza e di emergenza e della sanatoria degli immigrati voluta dalla Bellanova. Il suo governo fa acqua da tutte le parti ma Conte non può permettersi di criticare neppure i ministri più inefficienti, perché è drammaticamente sempre più solo. Se durante la clausura ci teneva ad apparire in tivù senza nessuno al fianco, ora gradirebbe che qualcuno gli corresse in soccorso, affiancandolo. Tuttavia Giuseppe è circondato da un alone funesto. Forse non ha i giorni contati ma i mesi di sicuro sì.

Il benservito – Quando in autunno la situazione esploderà e i quattrini dell’Europa saranno più vicini, all’avvocato del popolo verrà recapitato il benservito. Nessuno vuole affidargli il compito e i denari per la ripresa. «Non sprecheremo un euro della Ue» ha giurato Giuseppe; e non c’è via migliore che silurarlo per fare in modo che la promessa sia mantenuta. I giornali hanno già iniziato a suonare la marcia funebre e nessuna voce dei molti e variegati esponenti della maggioranza si è alzata per blindare il presidente. La preoccupazione generale è trovargli una via d’uscita dignitosa. Probabilmente come membro della Corte Costituzionale. Sarà il giurista meno qualificato della storia della Repubblica a entrare nella Consulta, come è stato l’accademico meno titolato e meno prolifico di studi ad ottenere una cattedra universitaria. Il governatore Visco ha chiesto al governo di agire subito, e per risposta ha avuto la garanzia che il piano di rilancio partirà a settembre. La Von der Leyen aveva chiesto riforme in cambio dei quattrini, ma qui Conte non ha trovato neppure la forza di mentire assicurandole che si faranno. Ogni giorno ha la sua pena e anche oggi sarà un’agonia. L’unica incognita saranno le parole che il premier troverà nella sua conferenza quotidiana per far finta di non aver tirato sera solo per tirare a campare un giorno in più.

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