Ora Grecia e Francia passano all’azione: caccia militari francesi contro l’esercito turco del dittatore Erdogan

 

di Lorenzo Vita – La Grecia si blinda e fa felice la Francia. L’intervento tempestivo di Emmanuel Macron nello scacchiere del Mediterraneo orientale, con l’immediato sostegno ad Atene di fronte alle mire turche nell’Egeo, si corona al vertice di Ajaccio con un accordo che riempie le casse dell’industria bellica parigina. Il premier greco Kyriakos Mitsotakis ha infatti annunciato un piano per il rafforzamento delle forze armate che prevede, tra le altre cose, l’acquisto di 18 nuovi caccia Rafale prodotti dalla francese Dassault. Un accordo che non può che far esultare l’azienda francese, dal momento che il programma Rafale aveva subito una pesante battuta d’arresto con un buco – spiega Agi – tra il 2024 e il 2027. L’industria bellica è uno dei pilastri non solo di Macron ma in generale della Francia. Ed è chiaro che riuscire a piazzare i propri caccia rappresenta una questione di rilevanza assoluta per la Difesa transalpina, tanto che lo stesso ministro Florence Parly ha voluto celebrare l’annuncio greco ricordano che “per la prima volta un Paese europeo vuole acquistare aerei da combattimento Rafale”.

Ma l’acquisto dei caccia non è l’unico elemento della nuova politica di difesa ellenica. Durante l’incontro a Salonicco, Mitsotakis ha anche annunciato il semaforo verde per quattro fregate – attenzione anche in questo caso al possibile ingresso francese con il prestito di due Fremm – , altrettanti elicotteri navali Romeo, armi anticarro per l’Esercito, nuovi siluri in dotazione per la Marina e missili per l’Aeronautica. Insieme a questa modernizzazione generale dei sistemi d’arma, il premier conservatore greco ha anche annunciato l’assunzione di 15mila nuovi militari e ha chiarito che questo nuovo programma “diventerà uno scudo nazionale”. Scudo che inevitabilmente si rivolge verso Oriente, dal momento che è nelle bollenti acque del’Egeo che Atene si torva a dover fronteggiare una delle più pericolose escalation militari che si sono viste negli ultimi anni in quel settore del Mediterraneo.

Una scelta che chiaramente non è stata vista di buon occhio da parte di Recep Tayyip Erdogan. E se Macron può esultare per la boccata d’ossigeno arrivata nelle case della “sua” Dassault, il leader turco ha già fatto capire tutta la sua rabbia per la decisione greca di un aumento della spesa militare che ha tutto il carattere di una reazione alle mosse di Ankara. Rabbia che si è rivolta soprattutto verso Macron, visto ormai da parte del governo di Erdogan come una sorta di grande regista dietro Atene. Il presidente turco ha attaccato il suo omologo francese avvertendo Parigi di “non scherzare” con la Turchia e ha rivolto alla Grecia l’invito – minaccioso – a “non insistere sulla strada intrapresa”. “Guardate quello che sta facendo la Grecia nel Mediterraneo. Cosa credono di fare? Girano come dei satelliti attorno alle isole senza fermarsi. State sbagliando, non insistete su questa strada. Se ci chiamate ‘vicini’ allora riconosceteci i nostri diritti, altrimenti prenderemo le nostre decisioni. La Turchia è ormai pronta a ogni eventualità” ha gridato Erdogan durante l’intervento per i 40 anni del colpo di Stato del 1980. Una data simbolica, come diversi sono i simboli scelti dal Sultano per tracciare la sua politica interna e internazionale.

Intanto alcuni segnali sembrano poter indurre all’ottimismo, almeno sul fronte dei possibili incidenti tra le due flotte. La Marina turca non ha prolungato ulteriormente il Navtex per la Oruc Reis, che sembra stia facendo definitivamente ritorno nel porto di Antalya. Una decisione che le fonti greche ritengono possa essere di buon auspicio per una possibile momentanea de-escalation. Anche se molto dipenderà dalle prossime mosse di entrambe le parti. Nel frattempo, le cancellerie europee provano a mediare tra Grecia e Turchia sperando che la Francia non sia eccessivamente proiettata verso lo scontro diplomatico con Erdogan. In queste ore Italia e Spagna, uscite un po’ contrariate dal vertice di Ajaccio voluto da Macron, stanno provando a trovare una via comune per fare da mediatori nel conflitto dell’Egeo. E anche la Germania segue con particolare interesse e preoccupazione quanto sta succedendo nella porta sud-orientale della “sua” Europa, visto che Atene e Ankara sono due partner fondamentali e dal momento che per Berlino i Balcani sono un territorio di caccia che preferirebbero non vedere calpestato da altri attori. Anche se uno di questi fosse l’amico francese.

Un segnale è arrivato anche dagli Stati Uniti, alleati di tutte le parti in campo e vertice di quella Nato messa a dura prova dallo scontro del Mediterraneo orientale. Il segretario di Stato Mike Pompeo, in visita a Nicosia per incontrare il presidente cipriota Nicos Anastasiades e il ministro degli Esteri Nikos Christodoulides, ha ribadito le forti preoccupazioni di Washington per quanto sta avvenendo tra Cipro, Grecia e Turchia. E pur confermando il sostegno ai legittimi interessi del governo dell’isola, ha anche avvertito che “i paesi della regione devono risolvere le loro incomprensioni, incluse quelle sulle risorse energetiche, sulla sicurezza e sulle questioni marittime, diplomaticamente e pacificamente”. Posizione accolta anche da Anstasiades e da Christodoulides, che in ogni caso, per tutelare la loro posizione rispetto ai piani turchi, hanno siglato un memorandum con gli Stati Uniti per la creazione di un centro di addestramento a Larnaca dal nome evocativo: “Cyprus Centre for Land, Open Seas and Port Security” (Cyclops). Le parole hanno un peso, soprattutto in quell’area.

 

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