MASSIMO BOSSETTI, NULLA DA FARE PER LUI: NON CE L’HA FATTA

Sono passati più di 10 anni dal brutale omicidio di Yara Gambirasio, la ginnasta ragazzina 13enne di Brembate, ritrovata senza vita nelle campagne di Chignolo d’Isola.

Eppure, nonostante lo scorrere del tempo, questo caso di cronaca nera, senza ombra di dubbio tra i più efferati, continua ad occupare le pagine dei quotidiani e i programmi televisivi che si occupano proprio di scomparse finite in tragici epiloghi.

Yara, che all’epoca dei fatti, aveva solo 13 anni, scomparve il 26 novembre 2010 e venne ritrovata cadavere diverso tempo dopo, il 26 febbraio 2011 in un campo aperto a Chignolo d’Isola.

L’unica cosa che sappiamo di lei è che è alle 17:30 di quel maledetto giorno, si doveva recare presso il centro sportivo del suo paese per gli allenamenti di ginnastica ritmica.

Tre mesi dopo , fu un aeromodellista, casualmente, a rinvenire il cadavere della piccola ginnasta. Colpevole del suo omicidio, per i nostri giudici, è Massimo Bossetti. Proprio su di lui è arrivata una brutta notizia.

IIl 17 luglio 2017 la Corte d’assise d’Appello di Brescia ha la sentenza del primo grado di giudizio, giudicando Bossetti colpevole e condannandolo all’ergastolo. Il 12 ottobre 2018 la Corte di cassazione ha confermato la condanna all’ergastolo di Bossetti. Da allora, il muratore di Mapello, incensurato ai tempi dell’omicidio, ha sempre ribadito, anche a mezzo dei suoi legali, la sua innocenza. Nonostante, per la legge, sia lui l’unico e solo colpevole della morte di Yara, esplicitando nel movente dell’omicidio l’aggressione sessuale, i programmi televisivi, in tutti questi anni, hanno parlato e riparlato del caso.

Per chi ha sempre seguito questo caso, non è certo sfuggita la decisione del gip di Venezia che ha iscritto nel registro degli indagati la pm Letizia Ruggeri, colei che ha fatto finire dietro le sbarre il muratore di Mapello, per ipotesi di depistaggio in merito alla presunta non corretta conservazione dei 54 campioni di Dna ritrovati sul corpo della ragazzina.

A questo si è arrivati dopo che i legali di Massimo Bossetti si sono opposti all’archiviazione, ponendo l’attenzione proprio lo stato di conservazione degli elementi di prova sul Dna. A detta dei difensori del muratore, tali reperti potrebbero aver subito un deterioramento. La domanda che in tanti si pongono, proprio in questo frangente, è se ci possa essere o meno una riapertura del processo. 

Quarto Grado, proprio partendo da questa “gettonatissima” domanda, il giornalista Giorgio Sturlese Tosi ha spiegato perché il processo non verrà riaperto. Queste le sue parole: “L’iscrizione ordinata nel registro degli indagati si tratta solo di un atto dovuto…è fatto anche per consentire al pubblico ministero Letizia Ruggeri un’adeguata difesa. Tre punti fondamentali da chiarire. Uno: non è dal contenuto di quelle 54 provette che è stato estratto il profilo di ignoto uno determinante poi per l’identificazione e la condanna di Massimo Bossetti”.

Il giornalista del programma condotto da Gianluigi Nuzzi e Alessandra Viero ha proseguito elencando e motivando altri due punti fondamentali sulla base dei quali il processo non verrà riaperto: “Due: il professor Casari ci dice a Quarto Grado che il quelle provette c’era Bossetti e che un ulteriore esame avrebbe riportato di nuovo a dare il risultato di Bossetti. Terzo punto fondamentale: il contenuto di quelle 54 provette è stato ampiamente analizzato e dibattuto nel processo di primo grado. Quindi non rappresentano più un eventuale nuovo elemento indispensabile per una revisione del processo”.