Le Regioni si ribellano a Conte: scontro totale sul nuovo Dpcm

 

Le Regioni alzano la voce e si oppongono fortemente alle nuove misure inserite nella bozza del nuovo Dpcm.

Troppe restrizioni estese sull’intero Paese rischiano di provocare danni incalcolabili alle attività colpite: è nata da questa convinzione la lettera indirizzata al premier Giuseppe Conte e ai ministri Roberto Speranza e Francesco Boccia mediante cui i governatori esprimono tutti i loro dubbi in merito e chiedono dunque di ripensare alle strette paventate. Viene inoltre chiesto di inserite nel prossimo decreto l’impegno a riconoscere ristori adeguati ai settori più colpiti dalle restrizioni adottate per fronteggiare la seconda ondata del Coronavirus, magari attraverso l’attivazione di specifici tavoli di confronto con i Ministeri competenti.

L’auspicio dei presidenti è quello di evitare uno stop generalizzato su tutto il territorio nazionale. Al punto uno viene chiesta l’estensione della didattica a distanza al 100% per le scuole secondarie superiori e per le università; al secondo punto invece si sollecita l’esecutivo a destinare i tamponi (molecolari o antigenici) solamente ai sintomatici e ai contatti stretti (familiari e conviventi) su valutazione dei Dipartimenti di prevenzione, “al fine di rendere sostenibile il lavoro delle Asl/Regioni in tempo di emergenza riducendo il carico di lavoro dovuto alle difficoltà nel contact tracing”. E sostengono che andrebbe riservata la telefonata giornaliera per i soggetti in isolamento o quarantena “a specifici casi su valutazione dell’operatore di sanità pubblica”.

Le richieste delle Regioni

Al terzo punto viene toccata la delicatissima questione di bar e ristoranti: la bozza prevede la chiusura alle ore 18 e la serrata totale la domenica e i giorni festivi. La richiesta dei governatori è più soft: ristoranti chiusi alle ore 23 con il solo servizio al tavolo; per i bar prevedere la chiusura alle ore 20, “a eccezione degli esercizi che possono garantire il servizio al tavolo”; eliminare l’obbligo di chiusura domenicale. Al punto quattro la conferenza delle Regioni chiede di lasciare aperti gli impianti nei comprensori sciistici, finiti nella stretta. Nel quinto e ultimo punto si chiede di prevedere nel fine settimana la chiusura dei centri commerciali, con eccezione di alimentari e farmacie. “Si sottopone, inoltre, all’attenzione del governo, la necessità di valutare le chiusure relative a palestre, piscine, centri sportivi, cinema, teatri etc., anche valutando i dati epidemiologici di riferimento”, si legge.

 

Da risolvere inoltre il nodo spostamenti tra le Regioni che ha fatto slittare la conferenza stampa di Conte: al governo è stato chiesto di non chiudere i confini regionali, provinciali e comunali. “Ci sono persone che si spostano per lavoro e per studio, chiudere i confini non solo è ingiusto ma non è fattibile e non è controllabile”, ha dichiarato Giovanni Toti. Il governatore della Liguria ha sottolineato come le settimane che ci aspettano saranno complicate, ma bisogna assolutamente fermare il Coronavirus e salvare il Natale per evitare ogni forma di lockdown: “Dobbiamo proteggere i nostri sanitari ma dobbiamo anche difendere la nostra economia”.

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