La nuova vita di Silvia Romano: sarà la “testimonial” per l’islam

Ora Silvia Romano scende in campo per combattere e contrastare l’islamofobia: per la cooperante rapita in Kenya e tenuta prigioniera in Somalia per un anno e mezzo è giunto il momento di tornare a condurre una vita “normale” e perciò ha deciso di essere in prima linea per promuovere un progetto europeo dal nome “YES – Youth Empowerment Support for Muslim communities”.

La 24enne milanese è così pronta a impegnarsi per il sociale sposando la causa del progetto in questione, co-finanziato dalla Commissione europea e realizzato dalle associazioni Fondazione L’Albero della Vita, Le réseau e Progetto Aisha.

Stando a quanto riportato da La Repubblica, Silvia nei prossimi mesi si dedicherà all’iniziativa che punta a coinvolgere alcuni giovani rappresentanti della comunità islamica “che saranno impegnati in attività di supporto alle vittime di islamofobia“. Tra gli otto giovani lombardi selezionati – con il ruolo di “Master equity defender” – è spuntato anche il profilo della ragazza; il loro principale compito sarà quello di raccogliere le segnalazioni di casi di islamofobia e denunce, fornendo alle vittime un supporto di tipo psicologico ed eventualmente anche legale.

“Un’Europa più inclusiva”

Come si legge in un post pubblicato sul profilo Facebook dell’associazione “Progetto Aisha”, la volontà è quella di “poter contribuire a sensibilizzare l’opinione pubblica su un tema che raramente viene trattato dai media e che invece ha un impatto quotidiano specialmente sulla vita delle donne musulmane del nostro Paese“. Il progetto coinvolge anche altri attori del settore pubblico, privato, profit e no-profit principalmente in Italia. I principali obiettivi previsti sono la sensibilizzazione e il coinvolgimento dei giovani nella lotta contro l’islamofobia, l’acquisizione di competenze e strumenti efficaci nel nostro Paese e in Europa, lo scambio di esperienze e buone pratiche tra i giovani a livello europeo.

La partnership a cui ha aderito Silvia Romano ha lo scopo di creare un ambiente favorevole per la promozione della diversità culturale e per ridurre la diffusione degli stereotipi: “Senza una grande consapevolezza della società civile, nessun tentativo di aumentare l’integrazione, il reporting e l’applicazione della legge può essere realizzato”. In tal modo si vogliono anche prevenire i fattori di rischio e promuovere i fattori protettivi per le comunità: “È sicuramente una soluzione per mitigare il problema principale che le comunità musulmane affrontano attualmente”. Infine vi è l’intento pure di gettare le basi per dare vita a nuovi progetti, pianificati dai partner e da tutte le parti interessate, “creando nuove opportunità per costruire un’Europa più inclusiva”.