La Corte di Giustizia Ue condanna l’Italia per i livelli di inquinamento dell’aria

In Italia si respira aria cattiva. Se ne sono accorti anche dal Lussemburgo che, accogliendo il ricorso della Commissione Ue, ha stabilito che il nostro Paese è venuto meno agli obblighi previsti sulla qualità dell’aria. Come evidenzia il documento redatto dalla Corte di Giustizia Ue, l’Italia si è resa colpevole di un inadempimento “sistematico e continuativo” del valore limite annuale fissato per il biossido d’azoto, a discapito della qualità di vita dei cittadini. Il tribunale internazionale ritiene che “l’Italia abbia mancato agli obblighi che le incombevano omettendo anche di adottare, a partire dall’11 giugno 2010, le misure necessarie a garantire il rispetto del valore limite annuale di biossido di azoto nell’insieme delle zone”, in particolare “per non aver previsto, nei piani relativi alla qualità dell’aria, misure atte a limitare al periodo più breve possibile il superamento della soglia limite”.

Secondo la Corte, “l’oggettivo superamento del valore limite annuale fissato per il biossido d’azoto è di per sé sufficiente per ritenere l’Italia inadempiente all’obbligo previsto dalla direttiva”. Questo sistematico superamento, da 12 anni a questa parte, dei valori di NO2 consentiti dalle direttive Ue è stato accertato in tutte le zone prese in esame e in particolare negli agglomerati di Torino, Milano, Bergamo, Brescia, Firenze, Roma, Genova e Catania. A conferma del triste primato della città meneghina, che a settembre ha ospitato la pre-Cop26 in preparazione alla 26esima conferenza delle Nazioni Unite sul clima, l’anno scorso il 28esimo rapporto ‘Ecosistema urbano’ di Legambiente e Ambiente Italia, pubblicato da Il Sole 24 ore, collocava Milano solo al 30esimo posto su 105, all’opposto di Trento, Reggio Emilia e Mantova, le migliori tre del ranking. La classifica tiene conto di 18 parametri catalogati in 5 macro aree: aria, acqua, ambiente, rifiuti e mobilità. Ebbene, i dati negativi che interessano il capoluogo lombardo riguardano, per l’appunto, la qualità dell’aria e l’uso del suolo, valore per il quale la città si classifica ultima. Insomma, bene la Biblioteca degli Alberi, le piste ciclabili e l’Area C, ma oltre all’ambientalismo di facciata occorrerebbero interventi più incisivi in termini di investimenti.

Come ha sottolineato la Corte, non costituiscono valide giustificazioni quelle fatte valere dall’Italia, quali “le difficoltà strutturali legate ai fattori socio-economici, gli investimenti di grande portata da mettere in opera, la tendenza al ribasso dei valori di diossido di azoto, i tempi di attuazione necessariamente lunghi dei piani adottati, le tradizioni locali, la presenza di cofattori causali esterni quali la configurazione orografica di certe zone e la circolazione dei veicoli diesel”. L’attuale crisi energetica scaturita dalla guerra in Ucraina darà un ulteriore impulso alla transizione ecologica, che ormai non è più rimandabile.