Joseph Ratzinger, la sua lezione al mondo
Joseph Ratzinger non è solo stato il Papa in grado d’individuare con largo anticipo il principale avversario culturale della civiltà occidentale, ossia il relativismo, ma anche il primo papa emerito della storia. Prima della scelta fatta da Benedetto XVI, una figura di questo tipo non era mai esistita.
Certo, ci sono stati altri pontefici dimissionari. Ma “papa emerito” è un’espressione nuova, che Benedetto XVI ha voluto adottare anche per evitare che si creassero confusioni sul fatto che il vescovo di Roma fosse uno solo, cioè Papa Francesco.
Aspetti, questi, che sono stati ben spiegato in un libro di recente pubblicazione a firma di Rosario Vitale, che presenta pure un’introduzione del professor Valerio Gigliotti. Il nome del “mite teologo” continua a rimbalzare agli onori delle cronache. L’emerito ogni tanto interviente, suscitando le critiche dei progressisti, che lo vorrebbero in silenzio e magari fuori dal Vaticano. La realtà è che non sappiamo quale sia l’odierna disamina di Joseph Ratzinger sulla situazione della Chiesa cattolica. Si può, al limite, immaginare o supporre.
Molte delle considerazioni emerse in questi sei anni e mezzo dalla rinuncia lasciano il tempo che trovano. Benedetto XVI conduce una vita di preghiera al riparo dalle luci dei riflettori. Quando ha parlato, però, Joseph Ratzinger ha sempre suscitato clamore. Dalla vicenda della “lettera tagliata” alla “barca di Pietro” che ha definito “ricoperta sino quasi a capovolgersi”: tra strumentalizzazioni, bordate dottrinali, riesami di omelie e profezie datate, la parole di questo ecclesiastico continuano ad influire sulla vita di tanti fedeli, che vivono anche nell’attesa che l’ex prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede si pronunci.
Gli inizi
Gli inizi del giovane consacrato nato in Baviera sono contraddistinti dalla battaglia familiare contro l’ideologia nazista. Prescindendo dalla falsa narrazione presentata da certi detrattori, la storia della famiglia Ratzinger ha contribuito a fare del cattolicesimo un baluardo contro l’estremismo totalitario novecentestco. Poi gli studi, che sono seguiti ad un’esperienza forzata all’interno delle organizzazioni giovanili hitleriane. Alcune delle esperienze esistenziali del papa emerito sono descritte in “Ultime Conversazioni”, un libro – intervista scritto da Benedetto XVI con il giornalista Peter Seewald. Lo stesso testo in cui si può approfondire la visione geopolitica di Ratzinger, che stima molto Vladimir Putin.
Dopo un percoso di ampio spessore teologico, per l’ecclesiastico teutonico arriva il primo appuntamento con la storia: il Conclio Vaticano II, nel quale, seppure da giovanissimo, esercita un ruolo fondamentale. Si dice che quello sia stato lo spartiacque in grado di far sì che la personalità e la preparazione di questo finissimo intellettuale venissero riconosciute da tutti gli addetti ai lavori. Il pontificato di Giovanni Paolo II, con l’incarico all’ex Sant’Uffizio, hanno fatto il resto. Buona parte della pastorale del Papa polacco deriva o ha comunque tratto ausilio dalla riflessione ratzingeriana. Volendo ricercare una sintesi assoluta del pensiero portato avanti dall’ex Santo Padre, annoteremmo come la perfetta sovrapponibilità tra fede e ragione abbia pervaso l’intera opera dell’ex pontefice tedesco. Del periodo antecedente al cardinalato è la profezia sul futuro della Chiesa, che per il consacrato teutonico sarebbe stata da ricercare all’interno della scomparsa dell’Europa per com’è stata intesa sino all’avvento del laicismo e della “cultura della morte”.
I punti focali del suo pontificato
Il pontificato di Joseph Ratzinger ha subito assalti continui. Non è semplice elencare tutte le volte in cui la Ecclesia è stata sottoposta ad un fuoco di fila, mediatico e non, da quando la spalla teologica di Giovanni Paolo II è stata posta sul soglio di Pietro. C’è stata, sin da principio, la sensazione che Ratzinger fosse ritenuto scomodo da certi ambienti perché non in linea con certi diktat della contemporaneità. Peraltro, vale la pena segnalare pure come, stando alle ricostruzioni del Conclave del 2005, Benedetto XVI sia stato eletto con una maggioranza risicata rispetto a quelle previste di solito. Può voler dire tutto o nulla. Quando Ratzinger ha parlato di “lupi”, qualcuno ha pensato che il papa tedesco si riferisse a una sorta di opposizione interna, ma non è detto che volesse andare a parare in quella direzione.
Ma i veri punti focali del pontificato, quelli che hanno contribuito a muovere la ruota della storia, sono stati questi: il discorso di Ratisbona; l’imposizione di una linea della “tolleranza zero” nei confronti degli abusi sessuali commessi da consacrati ai danni di minori o di adulti vulnerabili (Ratzinger, almeno fino a Papa Francesco, è risultato essere il Papa recordman per numero di sacerdoti spretati); la discussa posizione sull’Aids, per cui l’ex Santo Padre venne, come di consueto, attaccato dal fronte progressista; la pubblicazione dell’enciclica Caritas in Veritate, un testo che ha anticipato di gran lunga le domande cui di lì a poco avrebbero dovuto iniziare a rispondere gli economisti dell’intero Occidente; la mancata partecipazione all’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università La Sapienza nel 2008; le valutazioni attorno al “diritto a non emigrare”, che sarebbero divenute virali con il fenomeno della migrazione di massa. Un accento, poi, va posto sul caso Vatileaks, che ha forse fatto sì che Ratzinger iniziasse a ragionare sull’addio al papato.
Il mistero legato alla rinuncia
Benedetto XVI ha rinunciato al soglio di Pietro nel febbrario del 2013. I motivi di quel gesto, stando alle stesse parole del penultimo pontefice, sono presto detti: il Papa dell’epoca, per via dell’età e delle mancate forze che sarebbero dovute servire ad affrontare le sfide poste dinanzi la Chiesa cattolica, ha deciso di fare un passo indietro. Per far sì che l’istituzione ecclesiastica potesse sopravvivere a delle fasi ostiche. Ma da quella dichiarazione formale in poi, in molti hanno continuato a domandarsi e a domandare se esistessero ulteriori cause scatenenanti di quelle che, in maniera impropria, sono state definite “dimissioni”. Dalle ragioni di salute (venne fuori anche come Ratzinger fosse sostanzialmente quasi cieco. Una notizia che deriva da una dichiarazione del fratello Georg) alle tesi di chi sostiene che contro Benedetto XVI sia stato ordito un vero e proprio complotto partito dagli Stati Uniti e dagli emisferi democratici, passando dalle voci su un possibile ricatto su presunte, e mai confermate, coperture: la ventilazione d’ipotesi attorno a quello che è già annoverabile come un passaggio storico, e non solo per il cattolicesimo, non si è mai arrestata.