“Io, disocupata da 4 anni con 3 figli senza i bonus”. Ma la giunta Cinque Stelle li dà a stranieri e rom

 

Ho presentato la domanda ma i buoni spesa non sono mai arrivati”. Le parole sono di Valentina, una donna romana rimasta senza lavoro e con 3 figli che si è vista negare il contributo da parte del Campidoglio. La misura dei buoni spesa è stata prevista dal governo attraverso lo stanziamento di 400 milioni di euro a favore delle famiglie in difficoltà per l’emergenza coronavirus.

Spesso succede che i sussidi economici non vadano a finire nelle tasche delle persone in difficoltà. E magari ne usufruiscono gli immigrati irregolari come stabilito il 22 aprile da una sentenza del tribunale della Capitale. In quell’occasione, i giudici avevano accolto il ricorso di un filippino di 38 anni arrivato in Italia nel 2016 insieme alla compagna e ai figli. La coppia aveva ottenuto il permesso di soggiorno per sei mesi. Scaduta l’autorizzazione, la famiglia è rimasta a vivere a Roma. L’immigrato aveva chiesto il contributo ma era stato escluso perché irregolare e senza residenza. Quindi si è rivolto ad un avvocato e ha presentato ricorso. Così il tribunale ha stabilito che sarebbe discriminatoria la delibera comunale sulla residenza anagrafica come requisito per accedere al buono spesa.

La storia di Valentina

La donna vive in zona Aurelia, a ovest della Capitale. “Ho fatto questa domanda -racconta al giornale.it – nonostante sul modulo c’era scritto che non bisognava avere beni a sufficienza per poter fare la spesa. In banca avevo circa 800 euro. Ho presentato la domanda ma i buoni non sono mai arrivati”. Il 16 aprile era l’ultimo giorno per richiedere il contributo. Valentina ha aspettato qualche giorno e quando ha visto su Facebook che molte persone avevano ricevuto i buoni, si è informata.

Poi intorno al 20 aprile ha ricevuto la comunicazione che non avrebbe ricevuto il contributo. “Ho telefonato alla circoscrizione – prosegue Valentina – e mi hanno che prima li avrebbero dati a chi non aveva niente sul conto, poi se fossero avanzati dei buoni, li avrebbero dati a chi aveva qualcosa sul conto e a chi aveva il reddito di cittadinanza. Fatto sta che non li abbiamo ricevuto perché non erano a sufficienza per coprire tutti”. In sostanza, la circoscrizione ha detto a Valentina che i sussidi non erano avanzati e lei si è ritrovata con un pugno di mosche in mano.

Prima di rimanere senza lavoro, la donna lavorava in un centro estetico. “Poi 4 anni fa, quando è nata l’ultima bambina, mi hanno licenziata perché con 3 bambini non si può lavorare in questo campo – sottolinea Valentina -. Io so fare solo l’estetista, ho preso una qualifica regionale a 17 anni in questo settore ma nel mio lavoro ormai alla soglia dei 40 anni per me non c’è più spazio“.

Ora la donna sta mandando curriculum alle ditte di pulizie. Dice di aver puntato su questo settore “perché adesso dovrebbe andare maggiormente in quanto bisognerà tenere sempre puliti gli uffici, i reparti, gli ospedali. Quindi dovrebbe servire più personale”.

La misura

Al Comune di Roma sono arrivati per i buoni spesa circa 15 milioni di euro da fondi statali e circa 7 milioni dalla Regione. I contributi vengono erogati in 3 fasce: fino a 300 euro per nuclei familiari composti da 1 o 2 persone; fino a 400 euro per nuclei familiari composti da 3 o 4 persone; fino a 500 euro per nuclei familiari composti da 5 o più persone. Il termine per la presentazione delle domande è scaduto il 16 aprile ma ancora non ci sono numeri certi su quanti buoni siano stati effettivamente distribuiti ai cittadini.

Francesco Figliomeni, vicepresidente dell’assemblea capitolina e consigliere municipale di Fratelli d’Italia, sottolinea che con i buoni pasto “si è creata una confusione pazzesca che noi abbiamo denunciato più volte. Le persone disoccupate, gli anziani o comunque chi ha delle difficoltà particolari sono rimasti esclusi da questo sostegno”. Il motivo? “Sia perché non ci sono i fondi sufficienti, nonostante non siano stati pochi, ma perché vengono dati sempre agli stessi – prosegue l’esponente di Fdi -. Sia per il fatto che c’è stata confusione nell’organizzazione dei diversi canali di presentazione dei moduli”.

A tal proposito, Figliomeni spiega che il Campidoglio ha previsto 4 modi di raccolta delle domande: attraverso i Municipi, le edicole, il dipartimento dei non residenti e tramite l’Ufficio speciale rom, sinti e caminanti. “È una cosa stranissima perché è stato creato un canale solo per la popolazione rom. Tutti gli altri sono mischiati nel calderone e questi hanno un percorso privilegiato come al solito”. Le edicole sono state previste per le persone che non hanno un computer e non riescono a inviare online il modulo.

L’esponente di Fratelli d’Italia sottolinea che finora sono state presentate 161 mila domande, di cui circa 97 mila ammissibili. Dall’altro lato ci sono oltre 60 mila domande irregolari oppure dei doppioni in quanto sono state consegnate sia in Municipio sia in edicola. Figliomeni ha chiesto al Campidoglio di riaprire i termini per i buoni spesa e di stanziare altre risorse per non trascurare le famiglie, i disoccupati e gli anziani. Ma il Comune non è intenzionato ad andare incontro alle richieste del consigliere municipale di Fdi, come ribadito da quest’ultimo.

Maurizio Politi, capogruppo della Lega in Campidoglio, è sulla stessa linea d’onda in quanto “la gestione amministrativa è stata paradossale. Poi Roma Capitale ha fatto tantissimi controllo preventivi che in realtà hanno annullato nei fatti la misura emergenziale. Politi spiega che “questi controlli andavano fatti in un secondo momento, tranne quelli di chi ha presentato più domande e quindi è stato facile rintracciarlo”. Questo è avvenuto perché erano previsti vari canali di presentazione dei moduli e ciò ha rallentato le procedure.

L’esponente leghista evidenzia inoltre che non ci sono state linee guida da parte degli uffici comunali e così ogni Municipio ha agito in modo autonomo adottando un proprio criterio. “Ci sono stati ritardi e disparità di trattamento – conclude Politi – con persone che ancora li devono ricevere ed è indegno”. Basti pensare che nel VI Municipio su 27 mila domande inoltrate, ne sono state pagate solo 8 mila.

Il Giornale