“Io dico NO”. Mario Draghi, la decisione del Premier

Sorvolare, in questo caso, pesa più di mille parole. «Partiamo dalla delega fiscale», dice Mario Draghi aprendo la cabina di regia e ignorando il nodo del Green Pass. «Passiamo al documento programmatico di bilancio e poi alla sicurezza sul lavoro», prosegue poco dopo. «Bene, ci riaggiorniamo», saluta tutti dopo un’ora e mezza. Silenzio sui tamponi gratuiti o calmierati. E neanche dei segnali invocati dai sindacati c’è traccia. Neanche l’ombra, perché il presidente del Consiglio ha deciso la linea: il decreto Green Pass per ora non cambia. I prossimi giorni serviranno a capire se qualcosa non funziona e a porre eventualmente rimedio con ritocchi mirati.

Non si può escludere che oggi il consiglio dei ministri valuti di rinnovare gli sgravi fiscali alle imprese che pagano i tamponi ai lavoratori. Ma l’impianto resta, perché frenare ora — è il senso delle sue riflessioni — significherebbe «allontanare l’uscita definitiva dal tunnel della pandemia». E nonostante le possibili scintille sociali. Le piazze, appunto. I porti. Le autostrade. Nel governo c’è preoccupazione per gli effetti dell’entrata in vigore del certificato verde. «Mi aspetto un venerdì complicato — prevede il segretario Uil Pierpaolo Bombardieri — e ho segnali di possibili blocchi stradali. Speriamo non ci sia violenza, né prevaricazione». Draghi spera che gli ostacoli siano ridotti. E chiede di monitorare gli effetti pratici sul mondo del lavoro. Molto, ovviamente, dipende da quanto accadrà stamane.

La certezza è il blocco di ampi settori del porto di Trieste. Meno pessimistica, invece, la previsione per gli altri hub marittimi del Paese. In tasca, il governo tiene sempre coperta la carta degli sgravi fiscali alle aziende che pagano i tamponi: può sfoderarla in qualsiasi momento. Ma è chiaro che incidenti e azioni violente avrebbero come unico risultato quello di irrigidire la posizione dell’esecutivo. E dire che per un giorno intero la strategia della fermezza sembra minacciata da potenziali, minuscole crepe. Che, si sa, possono diventare voragini. Draghi riceve i leader sindacali. Chiedono un gesto, sembrano aprirsi spiragli. Andrea Orlando ragiona di test con prezzo calmierato (a cinque euro, oppure cinque euro meno cari di quanto costano attualmente). «Il governo tagli i costi per i lavoratori», propone Maurizio Landini. Niente, Palazzo Chigi non si sbilancia.

A metà pomeriggio sembra profilarsi un intervento sul credito d’imposta. È il meccanismo che scade il 31 ottobre e consente alle aziende di recuperare il trenta per cento delle spese per tamponi, mascherine e sanificazione. L’idea sarebbe quella di prorogare lo sgravio, limitandolo ai soli test che le imprese garantirebbero ai dipendenti. Cgil, Cisl e Uil premono. Anche questo scenario sembra congelato, e non è detto che oggi il cdm attivi l’opzione del credito d’imposta. Draghi, insomma, tira dritto. Ricevendo applausi da Pd e Forza Italia, oltreché da Roberto Speranza. Scontentando invece Salvini e Giuseppe Conte. Il quale, attestandosi sulla linea di Beppe Grillo — e sorprendendo i ministri 5S — invoca tamponi a prezzi calmierati e un allentamento del certificato verde nelle aree a più alta percentuale di vaccinazione:

«Ci aspettiamo un impegno chiaro da parte del governo». Draghi, come detto, non ritiene che sia il momento di ammorbidire la posizione. Equilibrio, per lui, non significa incertezza. Se una cosa il premier non intende negoziare nelle prossime due settimane — quelle che promettono proteste dei no pass e il possibile assedio di piazza al G20 — è il suo approccio: non sarà incerto, tentennante, debole. Significa che il governo intende difendere la filosofia del Green Pass. Significa non arretrare di fronte alla minaccia di blocchi di porti e autostrade, difendendo l’afflusso di merci nel Paese. Vuol dire assicurare la circolazione lungo le reti di trasporto. E, ovviamente, garantire la sicurezza delle piazze:

si mostrerà la massima fermezza verso chi non manifesta pacificamente e intende violare le regole. Non saranno tollerati cortei non autorizzati, né avallati sit-in che da statici muovono verso aree non autorizzate. Non sono posizioni che Draghi assume a cuor leggero. C’è allerta, a Palazzo Chigi come al Viminale. Il premier, però, non vuole e non può considerare piani B: cedere ai blocchi significherebbe gettare al vento il lavoro fatto finora ed esporsi a un fallimento politico. Lasciando prevalere chi — come Matteo Salvini ieri — ha tentato fin dall’inizio di boicottare l’impostazione del governo sulla campagna vaccinale. Se si dovesse sintetizzare al massimo la posizione di queste ore, si potrebbe dire che il presidente del Consiglio è disposto a concedere qualcosa ai sindacati, ma nulla all’ampia galassia no pass e no vax. E comunque, questa è la scommessa, non sarà l’esecutivo a cedere per primo.