Il furto del secolo a Dresda: rubati gioielli per un miliardo

Nella storia romanzesca di Dresda, la Firenze sull’Elba, mancava solo un colpo da blockbuster cinematografico, quello che la Bild ieri ha definito «il più grande furto d’arte del dopoguerra» e magari è anche vero.

Due uomini d’oro che si sono fatti beffe dei sistemi di sicurezza, delle telecamere, dello spiegamento di forze immediatamente mobilitato e che sono riusciti a fuggire dal Castello con in tasca gioielli a cui nessuno si azzarda a dare un prezzo. Chi lo fa parla di un miliardo di euro, ma magari si tiene basso.

Tutto è avvenuto prima dell’alba di ieri. I ladri hanno agito senza esitazione, proprio come al cinema: hanno provocato un incendio in una cabina elettrica nelle catacombe sotto il vicino Augustusbrücke, ciò che ha tolto corrente al Residenzschloss «sbloccando» i capolavori. Poi hanno segato la grata e rotto il vetro di una finestra d’angolo e si sono introdotti nel museo, dirigendosi come chi sa bene dove andare e che fare. E quindi nella Grünes Gewölbe, la «volta verde» immaginata dal duca e principe elettore di Sassonia Augusto il Forte tra il 1723 e il 1730, che contiene migliaia di pezzi, i più pregiati del museo. Le telecamere interne del palazzo hanno ripreso due intrusi, «ma non è escluso che ce ne fossero altri all’esterno», come spiega il presidente della polizia criminale, Volker Lange. Nella sala del tesoro sono andati davanti a una vetrina, l’hanno spaccata come aprissero un guscio di noce e hanno portato via quello che avevano deciso: in particolare tre guarnizioni di brillanti e di diamanti, che secondo la direttrice generale delle collezioni d’arte statali di Dresda, Marion Ackermann, che appare molto turbata mentre parla frenetica davanti ai giornalisti accorsi, hanno troppo valore per averne uno. «Non si tratta – dice – di oggetti che si possano mettere sul mercato: non è un valore finanziario quello sul quali stiamo lavorando». Ed è quella la speranza della direttrice, che i ladri non riescano a piazzare sul mercato i gioielli rubati, anche se è difficile che chi compie un furto del genere non lo faccia su commissione.

I due uomini sono fuggiti immediatamente, ignorando tutti gli altri capolavori contenuti nella Grünes Gewölbe, quadri e vasi e statue e altri oggetti troppo voluminosi per una fuga precipitosa, e si sono allontanati probabilmente a bordo di un’auto, probabilmente in compagnia di uno o più complici. Dieci minuti dopo l’allarme il Castello era già circondato da sedici volanti della polizia, ma i «rififi» erano già volatilizzati, tasche piene e un sorriso sotto il passamontagna. Le ricerche, coordinate da una commissione speciale delle forze dell’ordine tedesche, coinvolgono la polizia della Sassonia e del vicino Brandeburgo e quella federale. Ma per gli inquirenti è come camminare in una palude al buio. Nulla. Di nulla.

Gli inquirenti sono convinti che i ladri abbiano potuto contare sull’aiuto di una talpa dentro al museo. Il furto ha turbato gli appassionati d’arte della Germania, e tutti i tedeschi colpiti nella loro identità storica. «I tesori che si trovano nella volta verde e nel castello – spiega con voce lugubre il premier della Sassonia, Michael Kretschmer – sono stati pagati a caro prezzo dai Sassoni nei secoli, non si può capire la storia del nostro popolo e il nostro Stato libero, senza la volta verde e le collezioni d’arte statali della Sassonia». «Faremo di tutto, non solo per riportare a casa i tesori rubati ma anche per catturare i responsabili», sentenzia il ministro dell’Interno della Sassonia, Roland Woeller.

Quella della stanza del tesoro di Augusto il Forte è una storia tormentata all’interno di una città tormentata, devastata da un rogo nel 1491, dall’assalto prussiano nel 1760, dalle repressioni del 1849 e dai bombardamenti alleati nei primi mesi del 1945, quando Dresda e le sue bellezze finirono in polvere. Tra i luoghi distrutti sotto gli ordigni dell’Usaaf ci fu anche il Castello: la volta verde venne giù e l’Armata Rossa che aveva liberato la città si portò via i suoi tesori, che l’Unione Sovietica avrebbe restituito soltanto tredici anni dopo. La stanza è stata restaurata con grande lentezza e riaperta al pubblico soltanto nel 2006. Ma il film non è ancora terminato.