Il delirio della cantante che inneggia alla mafia: “Sparare contro i poliziotti è cultura”. Scoppia la bufera

La polemica sulla cantante folk calabrese Teresa Merante e sulle sue canzoni improntate sulla vita di boss mafiosi, continua e arriva fino in Salento. A urlare la loro rabbia e indignazione è il gruppo salentino conosciuto come Sud Sound System. L’ira della band nasce dal fatto che il brano “U latitanti” della Merante, utilizzi come base melodica quella del canto salentino “Lu rusciu dellu mare”, canto popolare di amore e aggregazione che ha ispirato nel 2013, la famosa “Radici ca tieni”.

Con un comunicato ufficiale, Ferdinando Blasi in arte Nandu Popu, leader della band, esprime tutta la sua amarezza: “Ancora difficile crederci – scrive sui social – ma abbiamo appreso con dolore e rammarico che esiste un brano che inneggia ai latitanti di mafia e che usa la melodia de “Lu rusciu dellu mare” una tra le più belle canzoni che la cultura salentina abbia espresso, ormai famosa in tutto il mondo e che in molti riteniamo essere l’inno del Salento”.

La melodia, di pubblico dominio poiché canto popolare, esprime l’amore per la propria terra e per gli affetti, molto cara a tutti i salentini. La band, infatti, definisce l’utilizzo della melodia da parte della Merante, “indegno e incivile”.

“Riteniamo – dice ancora Blasi – che utilizzare un brano del genere per esaltare figure abbiette come quelle dei mafiosi sia uno sfregio per la nostra cultura e per chi ha dato la vita per difendere i valori della giustizia e della libertà. Rinnoviamo il nostro sdegno nell’averlo abusato per appoggiare la mafia, un’organizzazione che da 160 anni opera per distruggere la nostra terra mostrandola al mondo come teatro di crimini efferati e prostrandola all’arretratezza e alla corruzione. Il sacrificio di chi è morto per difendere la nostra terra non merita un insulto così miserabile per questo continueremo a dedicare “Radici ca tieni” a Peppino Impastato, a Renata Fonte, a Falcone, Borsellino e alla loro scorta dove perì il nostro conterraneo Antonio Montinaro e tutti i figli di questa terra che hanno dato la vita per combattere le mafie”.

Polverone mediatico e polemiche dalle quali la Merante, attraverso delle storie pubblicate sui social, ha cercato di difendersi. “Ho letto giudizi e accuse sulla mia persona” esordisce così Teresa Merante in un video pubblicato sulla sua pagina Facebook e che ha già raggiunto in due ore oltre 1400 reactions e diverse condivisioni: “Non accetto assolutamente di essere etichettata come la cantante della malavita in Calabria. Canto in dialetto calabrese da quando ero bambina e le mie interpretazioni in musica sono sempre state canzoni d’amore, di aggregazione e di allegria, sulle bellezze della Calabria e anche sul canto di malavita che fa parte della tradizione popolare musicale calabrese sin dagli anni ’70”.

A dire della cantante, le polemiche sarebbero strumentali e ci si sarebbe focalizzati solo sulla parte in cui si parla di liberazione dei detenuti senza tenere conto dei saluti e gli auguri rivolti a quanti sono lontani dalla propria terra. La stessa precisa di avere solo interpretato il brano dedicato alla vita di Castiglione, in quanto lo stesso è stato inciso anni fa già da altri artisti e di aver scritto il testo “Il Capo dei capi”, ispirato a Totò Riina, dopo aver visto l’omonima fiction. E da chi l’accusa di aver esaltato le gesta del capo di cosa nostra si difende dicendo: “prima di quella serie tv non conoscevo Totò Riina, ho scritto basandomi sul film e non per inneggiare alla mafia. La mia famiglia, semplice e umile, non ha mai avuto a che fare con la criminalità” ha concluso la donna.

La produzione invece, come riportano alcuni quotidiani locali, respinge le accuse e fa sapere che anche Papa Francesco, durante l’Angelus, prega per i detenuti. Intanto, come annunciato ieri dalla onorevole Wanda Ferro a IlGiornale.it, la questione sarà portata all’attenzione di parlamento e commissione parlamentare antimafia, di cui è segretario.