“Ho bisogno di soldi”. Bertinotti, cos’è costretto a fare

Un’inedita svolta nella vita di Fausto Bertinotti, ex segretario di Rifondazione Comunista e figura di spicco della sinistra italiana. L’8 settembre 2024, presso la casa d’aste Finarte di Milano, verranno messi all’incanto alcuni tra i pezzi più significativi della collezione privata dell’ex politico: due serigrafie di Andy Warhol del 1972, dipinti di artisti italiani come Piero Dorazio, una scultura di Giosetta Fioroni e un quadro di Titina Maselli. La vendita, annunciata come un’“opportunità economica” e come il “punto finale di una vicenda ereditaria complessa”, sta già facendo discutere l’opinione pubblica e gli appassionati d’arte.

Le serigrafie di Warhol, acquisite in eredità dal banchiere Mario D’Urso e ora messe all’asta con un base di partenza di 20-30 mila euro ciascuna, potrebbero facilmente raggiungere cifre attorno ai 150mila euro, secondo gli esperti. La decisione di vendere queste opere nasce, a quanto dichiarato dall’ex leader di Rifondazione, da una reale esigenza economica: “Ho bisogno di soldi. Vendo questi e mi tengo quelli che m’interessano”, ha affermato Bertinotti, lasciando trasparire una certa maestria nel gestire le proprie finanze private. La scelta si inserisce in un quadro di approfondimenti sulla sua vita privata, caratterizzata da una collezione d’arte che testimonia un interesse personale e una passione più intima di quanto si possa immaginare.

L’evento è anche il risultato di un contenzioso legale legato all’eredità di Mario D’Urso, morto nel 2015. Il banchiere, ricordato per la sua carriera internazionale e il suo ruolo nel consiglio di Lehman Brothers, aveva lasciato un patrimonio stimato di circa 24 milioni di euro, distribuito tra amici e familiari. La scoperta di una figlia segreta, Nikky Kay Carlson, e la contestazione del testamento, hanno complicato la gestione dei beni. Fu proprio Bertinotti a presentare ricorso alla Corte d’Appello di Roma, conclusosi favorevolmente per lui e aprendo così la strada alla vendita dei beni ereditari.

Oltre alle opere di Warhol, la collezione include pezzi più intimi e meno noti: dipinti di Dorazio, decorati con dediche affettuose a Lella, la moglie di Bertinotti, e pezzi di artisti come Giosetta Fioroni e Titina Maselli. Questi ultimi, rispettivamente scultura e quadro, sono valutati tra i 3 e i 6 mila euro, e rappresentano una testimonianza della passione personale dell’ex politico per il Novecento italiano, al di là della scena politica.

Bertinotti non si sottrae alle ironie e alle critiche sul suo “status di comunista ricco”, una tematica ricorrente che lui stesso ha commentato con una punta di ironia: “Si è troppo ironizzato a riguardo”. La vendita di queste opere, simbolo di una vita tra ideali e esigenze materiali, potrebbe essere anche interpretata come una “piccola vendetta” contro i pettegolezzi e le supposte contraddizioni, e come un gesto di trasparenza volontario nei confronti di un pubblico sempre più curioso e attento.

L’asta del 2 luglio si configura come un evento di grande rilevanza culturale e mediatica. Oltre le serigrafie di Warhol, saranno messi in palio altri pezzi iconici, rappresentando un ventaglio di gusti eclettici e un approfondito legame con l’arte italiana moderna ed emergente. Non solo archivi di valore economico, ma anche testimonianze di relazioni personali e affetti profondi: dediche e messaggi scritti a mano su alcune opere, come un ricordo di anniversari condivisi, arricchiscono ulteriormente il significato simbolico della collezione Bertinotti.