Gregoretti, le prove di Salvini: “Sette mail incastrano Conte”
Non ci sta Matteo Salvini ad essere l’unico a finire sulla graticola in merito al caso Gregoretti.
Lo si evince dalla memoria difensiva che l’ex ministro dell’interno ha presentato in seno alla giunta per le immunità del Senato.
Il segretario leghista, per il quale il tribunale dei ministri di Catania ha chiesto l’autorizzazione a procedere sul caso Gregoretti, ha voluto ribadire un concetto già espresso nei giorni scorsi: quella sulla nave rimasta a luglio ancorata al porto di Augusta, è stata una decisione voluta dall’intero esecutivo. E nel testo di 9 pagine depositato a palazzo Madama, Salvini ha ricostruito giorno per giorno l’evolversi di quella vicenda, evidenziando soprattutto quei passaggi che, secondo l’ex ministro, possono dimostrare il coinvolgimento collegiale di tutto il governo Conte I.
Il caso Gregoretti riguarda l’omonima nave della Guardia Costiera entrata nello di Augusta con diversi migranti a bordo, i quali però non hanno avuto da parte del Viminale l’autorizzazione a scendere. L’affaire appare molto simile, per non dire identico, a quello occorso nell’agosto 2018 in occasione del mancato sbarco dei migranti dalla nave Diciotti.
Anche in quell’occasione il tribunale dei ministri, questa volta di Palermo, ha chiesto l’autorizzazione a procedere al Senato nei confronti di Salvini. Le accuse erano le stesse odierne: abuso di ufficio e sequestro di persona. La giunta per le immunità di Palazzo Madama ha però negato a marzo il via libera richiesto dai magistrati e questo grazie al voto del Movimento Cinque Stelle, all’epoca alleato della Lega di Salvini.
Nonostante il caso sia uguale, i grillini questa volta dovrebbero votare invece a favore dell’autorizzazione a procedere nei confronti dell’ex titolare del Viminale. E risiede proprio qui lo scontro politico tra i due ex alleati. Secondo Luigi Di Maio, ministro degli esteri del nuovo governo e capo politico del Movimento Cinque Stelle, la scelta della Diciotti è stata collegiale mentre l’iniziativa sulla Gregoretti va individuata nella specifica responsabilità di Matteo Salvini. Per Di Maio, in particolare, durante i giorni in cui la Gregoretti stazionava ad Augusta, le trattative con l’Europa erano in fase avanzata per favorire la redistribuzione dei migranti e dunque non occorrevano prove di forza come nel caso della Diciotti.
Salvini dal canto suo, come detto ad inizio articolo, mira a smentire questa ricostruzione ed a dimostrare come, in realtà, nel cambio di opinione dei grillini c’è solamente un calcolo politico e non di merito. Secondo il leader della Lega, il governo era consapevole della scelta operata dal Viminale ed ha politicamente appoggiato la linea dura andata avanti per diversi giorni.
In poche parole, Salvini vuole mettere nero su bianco il fatto che la sua scelta era quella di tutto l’esecutivo guidato da Giuseppe Conte e supportato dalla maggioranza gialloverde. Per farlo, nelle sue memorie redatte assieme all’ex ministro Giulia Bongiorno, ha illustrato alcuni passaggi che dimostrerebbe la responsabilità dell’intero governo su quella scelta di mero ordine politico.
La prova della collegialità con la quale, a livello governativo, sarebbe stata affrontata la questione relativa al caso Gregoretti, risiede secondo Salvini soprattutto nelle sette mail allegate alla memoria presentata dall’ex ministro. Si tratta di missive scambiate tra funzionari del gabinetto della Farnesina e di Palazzo Chigi proprio per la gestione del caso Gregoretti. In queste comunicazioni intercorse tra il 26 luglio ed il 2 agosto, si parla in particolare delle richieste di redistribuzione dei migranti a livello comunitario e delle relative iniziative da intraprendere per giungere ad una soluzione: “Anche in questa occasione – si legge nella memoria firmata da Salvini – emerge ancora una volta che, in linea con la prassi consolidata, la gestione dei migranti non rappresentava l’espressione della volontà autonoma e solitaria del Ministero dell’Interno, bensì una iniziativa del Governo italiano coerente con la politica relativa ai flussi migratori, definita anche nel Contratto di Governo, che non può essere svilita come mera posizione politica avulsa dalla complessiva strategia dell’Esecutivo”.
L’ex ministro dell’interno, nel testo consegnato al Senato, ha fatto riferimento anche ad alcune dichiarazioni rese dai suoi ex colleghi di governo in cui si evincerebbe il sostegno dato alla sua linea politica: “il dialogo tra i ministeri delle Infrastrutture, dell’Interno e della Difesa in quei giorni era in atto”, è ad esempio una frase attribuita al ministro della giustizia Alfonso Bonafede. Allo stesso modo, nelle memorie sono riportate anche le frasi di Di Maio secondo cui “L’Italia non può sopportare nuovi arrivi di migranti, devono andare in Europa”.
Nelle memorie, spazio anche ai riferimenti dei contatti con palazzo Chigi e dunque anche con il presidente del consiglio Giuseppe Conte. La giunta per le immunità del senato si riunirà il prossimo 20 gennaio: in quella data, si saprà l’esito del percorso che potrebbe portare allo stop del procedimento nei confronti di Salvini oppure al via libera ai magistrati. Un voto che sarà, in primo luogo, politico e che potrebbe spaccare l’attuale maggioranza.