FUNERALI DI STATO DI ROBERTO MARONI, COS’È SUCCESSO ALL’ARRIVO DI MELONI E SALVINI

E’ stato il giorno dei funerali di Stato a Varese, il giorno dell‘ultimo addio terreno a Roberto Maroni, spentosi a 67 anni dopo aver combattuto contro un tumore al cui si è dovuto arrendere, nonostante tutto il suo ottimismo.

Un uomo decisamente poliedrico, Maroni, appassionato di blues, del Milan e della politica. La sua morte ha raggelato coloro che, da anni e anni, apprezzavano il suo modo di far politica, oltre che il suo essere un padre e marito amorevole.

Roberto o Bobo, così come affettuosamente lo chiamavano, tendeva a tutelare la sua famiglia, la donna che per tanti anni le è stata accanto, e i suoi tre figli e oggi, ad i suoi funerali, c’erano proprio tutti.

Una Varese silenziosa, tra le nuvole, la tristezza che regnava sovrana, il lutto cittadino in senso di doveroso rispetto verso un uomo che, indipendentemente dall’orientamento politico, ha segnato la storia.

Una Varese in cui non sono mancate le tensioni, celate dietro volti cupi, di coloro che si sono recati al funerale. Ma vediamo cosa è accaduto.

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il presidente del Senato Ignazio La Russa, non appena arrivati in piazza San Vittore, a Varese, per prendere parte ai funerali, sono stati accolti da un applauso. Lo stesso tipo di accoglienza è stato riservato al ministro dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti. Diversamente è accaduto all’arrivo del ministro Matteo Salvini. Sappiamo perfettamente che l’epopea del Carroccio nacque proprio a Varese e nei suoi dintorni.

Era questo l’antico cuore leghista mentre oggi l’accoglienza è stata diversa. Dopo pochi minuti dall’arrivo della Meloni, è toccato a Salvini entrare in chiesa con la spilla di ordinanza di Alberto Da Giussano sulla giacca, accompagnato da Roberto Calderoli. Per Salvini il gelo si tagliava a fette. Una freddezza visibile, ad occhio nudo, come il clima freddo della giornata di oggi, ed è partito qualche fischio. L’ultimo leghista che è entrato in chiesa, prima dell’ arrivo del feretro di Roberto Maroni, è stato il ministro Giancarlo Giorgetti. Eppure per lui qualche applauso non è mancato. 

A Varese, tuonano alcuni importanti quotidiani, Salvini si troverebbe in terra ostile, pur essendo stato designato, a suo tempo, da Maroni. C’è chi parla di rapporti conflittuali tra i due da diverso tempo, affermando che di questo ne fossero a conoscenza tutti. Una cerimonia forte, sentita, nonostante una tensione camuffata, come giusto che sia, per rispetto di un defunto che ha fatto la storia della politica.

Momenti di commozione, con in prima fila, durante la cerimonia funebre, proprio Meloni, Sa lvini, Antonio Tajani, Gianmarco Centinaio, Attilio Fontana, il presidente del Senato Ignazio La Russa e il presidente della Camera Lorenzo Fontana. Tutti riuniti, nonostante tutto, per l’ultimo saluto a Bobo, un politico dalla carriera brillante, iniziata con la collaborazione a Radio Padania, nata dalla cessione di Radio Varese.

Fu allora che Maroni divenne leghista, ritrovandosi al fianco di Umberto Bossi, tra gli anni Ottanta e Novanta, per poi allontanarsi progressivamente dal suo padre politico nel Duemila. Maroni ha assunto posizioni molto spesso diverse da Bossi, contrapposte, sino a creare la corrente de ” i Barbari sognanti”. Questa è storia.