Ecco le pretese dei clandestini “Dateci un lavoro e una casa”

Sbarchi su sbarchi. Senza sosta. Lampedusa è tornata a essere crocevia dell’immigrazione clandestina ma l’isola non può sopportare ancora per molto i flussi migratori delle ultime settimane.

Lampedusa è allo stremo e gli immigrati ospitati dall’hotspot di Contrada Imbriacola, sfruttando il caos e l’ammassamento, fuggono via.

Le forze dell’ordine presidiano i cancelli e il territorio, ma la situazione è realmente fuori controllo. I numeri come al solito non mentono mai e raccontano una verità preoccupante: nei primi sette mesi del 2019 gli sbarchi erano stati 3.508, contro gli oltre 11mila di questo 2020. Basti pensare che nei giorni scorsi, nel centro di prima accoglienza dell’isola, strutturato per ospitare al massimo 95 persone, i migranti hanno sfiorato le novecento unità. Il tutto in assenza degli adeguati dispositivi di protezione individuale. In barba alle misure di sicurezza per contenere la pandemia di coronavirus. Qui, insomma, l’emergenza è duplice: migratoria e sanitatria.

Gli immigrati arrivano in massa e altrettanto in massa scappano via. Come un tunisino che sta cercando di tornare in Scandinavia, dove vive la sa famiglia. Lui stesso racconta – come riportato da Libero – di aver prenotato il suo passaggio con gli scafisti. Un viaggio pagato duemila e cinquecento euro. “Sì, lo so che è illegale, ma tanto il vostro governo fa solo bla-bla-bla, tante chiacchiere…”.

Questa, insomma, l’idea che hanno del nostro esecutivo, e dunque del nostro Paese. L’uomo spiega che l’ottanta per cento delle persone arrivate e in arrivo a Lampedusa provengono dalla Tunisia, che sta attraversando una profonda crisi economica e politica, aggravata in modo preoccupante dal Covid-19.

Ecco, a tal proposito il nordafricano dice di non aver particolari timori: “Eravamo in molti su una barca di mezzo metro, per sei ore. Uno addosso all’altro. Ma quale distanziamento, tanto il coronavirus è dappertutto. Decide Dio”.

Un altro ragazzo libico, invece, si lamenta del cibo del centro d’accoglienza. Una storia già sentita diverse volte. “Non mi piace la mensa nell’hotspot, e c’è troppa gente. Non è accogliente. Devi stare in fila, tutti accalcati. Poi prendi il tuo cibo precotto e vai a mangiare dove capita. Non fa per me…”.

Il giovane libico racconta di essere uno studente di giurisprudenza e sogna di difendere tutti gli altri immigrati ospitati nell’hotspot di Lampedusa. Quindi, ecco che arriva l’affondo al governo italiano: “Mi aspetto che il governo italiano mi dia una casa e un lavoro. Io mii impegno a imparare la vostra lingua”. Insomma, una bella pretesa.