Direzione Pd, torna anche Rosy Bindi. Manca solo l’apparizione di Alfano

Alla Direzione del Pd si è presentata a sorpresa anche Rosy Bindi, che durante l’era Renzi si era tenuta in disparte. Anche lei darà una mano a Zingaretti per non indebolire il partito dopo la scissione renziana che – ha detto il segretario – rischia solo di rafforzare Salvini. Un ritorno sulla scena, quello di Bindi, che segue le altre “resurrezioni” politiche di questa pazza estate: da D’Alema allo stesso Renzi passando per Bersani e senza dimenticare Prodi. Il vecchio che avanza, il fallimento che tenta di riscattarsi, gli obsoleti che non si rassegnano.

Zingaretti può contare anche su new entry come Beatrice Lorenzin, cui ha consegnato entusiasta la tessera del Pd. La fase nuova di cui il segretario parla potrà poggiarsi su solide basi democristiane insomma, tra lo sconcerto di chi pensava di veder finalmente rifiorire all’opposizione una politica di sinistra-sinistra.

Il segretario non si nasconde le difficoltà: “Siamo un partito respingente- ammette – che non riesce a aggregare, anche i sindaci denunciano questa difficoltà. In fretta dobbiamo mettere mano a noi stessi, trovare le forme per discutere”.

Ma ora per queste dispute non c’è più spazio: l’imperativo è galleggiare senza far rimediare al Conte bis una figuraccia dietro l’altra. Un compito ingrato, una mission impossible. Manca solo Angelino Alfano a dare il suo contributo e il quadro sarebbe completo, perfettamente in linea con gli equilibrismi e i tatticismi delle ultime settimane.