Da Renzi a Grasso, da Zingaretti alla Boldrini: tutti zitti su Battisti. E parlano d’altro

«Li ho praticamente presi in giro tutti». A margine della confessione di Cesare Battisti che, per la prima volta dopo 37 anni di latitanza e arroganza, ammette i quattro omicidi, le gambizzazioni e le rapine, è proprio l’ex leader dei Pac, arrestato lo scorso gennaio in Bolivia, ad ammettere con la consueta spocchia di aver ingannato sistematicamente raffinati intellettuali, scrittori di fama, maitre à penser della sinistra italiana, francese e di mezzo mondo, che per decenni hanno difeso il terrorista rosso facendone una bandiera delle ingiustizie e della persecuzione borghese.

Dove sono le prime file della sinistra? Dove sono la Boldrini, Reni, Zingaretti, Martina, Grasso? Non una parola, non un mea colpa per aver alimentato la favola di un Battista innocente, anzi messo alla gogna per le sue idee politiche. Sulla pagina Facebook dell’ex presidente della Camera, sempre prodiga di iniziative e appelli, non c’è una riga di commento sulle confessioni del terrorista dei Pac, è ferma alla promessa fatta alla mamma di Tiziana Cantone di una legge contro il revenge porn. Pietro Grasso ci racconta i miracoli della legalità «che nasce dalla cultura e dalla giustizia sociale» raccontando l’entusiasmo dei giovani incontrati in Campania. Zingaretti si concentra sul voto in Basilicata, con un imbarazzato post sull’alternativa vincente al centrodestra. Maurizio Martina si sollazza con l’idea geniale di un governo ombra guidato da Zingaretti. Matteo Renzi punta i riflettori sui ragazzini-eroi che hanno scongiurato la tragedia del pullman, due ragazzi “nostri concittadini”. Eppure, eppure solo 4 anni fa, coccolava Lula, l’ex presidente brasiliano “protettore” di Battisti, con un invito a Palazzo Chigi sugellato dalla foto sorridente con la maglietta del Brasile. Maria Elena Boschi preferisce ricordare la nascita di Tina Anselmi, «è stata un modello per molte di noi impegnate in politica».

Stesso silenzio assordante da parte di quelli intellos, che, senza leggere una riga degli atti giudiziari, si sono sperticati in appelli, denunce sdegnate, chiassose difese di Battisti, complice la grancassa mediatica. Oggi hanno perso la voce. Oggi dovrebbero ricredersi e invece tacciono. Il terrorista chiede scusa, «era una guerra civile» (una confessione studiata a tavolino con i suoi avvocati per ottenere sconti di pensa non certo frutto di un improvviso e sincero pentimento), ma i suoi storici difensori si distinguono per un assordante silenzio. Dagli intellettuali parigini imbeccati dallo scrittore Valerio Evangelisti, che su l’Humanité raccontavano di un’Italia dove i militanti progressisti venivano processati da tribunali militari alla schiera dei progressisti italiani nessuno commenta.

Dove è finita la passione del vignettista Vauro nell’ergersi a paladino dell’“eroe perseguitato”? Dove è finito l’ardore di Erri De Luca, scrittore No Tac, che ha fatto la sua fortuna denunciando la persecuzione contro la generazione «più incarcerata della storia d’Italia»?. Non si sente la voce dell’attivissimo Saviano che, giovanissimo alle prime esperienze letterarie, firmò al buio, in compagnia di altri progressisti illustri, ‘appello per la scarcerazione di Battisti, salvo poi vergognarsene e abbandonare la causa chiedendo al sito che ospitava la lettera di cancellare la firma. Anche lo scrittore di Gomorra è molto distratto sull’argomento e comunica ai fan la partecipazione al Festival del Giornalismo di Perugia. Non si odono le lezioni di Piero Sansonetti, che il giorno dell’arresto di Battisti si è scagliato contro la gogna di chi voleva che marcire in galera, «qui nessuno sa di cosa è accusato, non ci sono prove, è un rito pagano: tutti i fratelli introno alla forca». E oggi che l’“intellettuale dissidente” santificato ha confessato tutto? L’imbarazzo del giorno dopo nelle schiere degli intellettuali radical chic e del Pd si taglia con il coltello.