Coronavirus può resistere sugli oggetti sino a 9 giorni, la candeggina per distruggerlo
Può resistere sulle superfici fino a nove giorni, ma può essere debellato dalla candeggina; i tempi di incubazione potrebbero essere più lunghi del previsto, fino a 24 giorni, dieci in più rispetto a quanto si ritenga attualmente: i numeri e i dati sul coronavirus 2019-nCoV si inseguono pubblicati da fonti ufficiali, come riviste scientifiche e siti istituzionali, e da fonti che non hanno ancora affrontato l’esame della comunità scientifica. L’unico dato certo è che ad oggi non ci sono elementi che descrivano chiaramente il comportamento del nuovo coronavirus.
Il fatto che il coronavirus possa rimanere infettivo fino a nove giorni sulle superfici degli oggetti a temperature ambiente lo indica un articolo del Journal of Hospital Infection e si basa sul confronto con il comportamento dei due coronavirus emersi anni fa: quello responsabile della Sars (Severe Acute Respiratory Syndrome) che risale al 2002-2003 e quello della Mers (Middle East Respiratory Syndrome) del 2015, entrambi parenti stretti del 2019-nCoV. Gli stessi autori della ricerca, dell’università tedesca di Greifswald, rilevano che una buona pulizia è in grado di debellare il virus. Lo conferma anche l’epidemiologo Gianni Rezza, dell’Istituto Superiore di Sanità, per il quale i disinfettanti a base di alcol (etanolo) sono efficaci al 75%, mentre quelli a base di cloro all’1% sono in grado di disinfettare le superfici distruggendo il virus.
Nuovi dati e nuovi dubbi anche sui tempi di incubazione: il medico cinese Zhong Nanshan, che scoprì il virus della Sars, ha scritto in un articolo che non ancora superato la revisione scientifica che il periodo di incubazione del coronavirus potrebbe estendersi fino a 24 giorni, 10 in più di quanto indicato fino ad ora. Nulla di certo, ma al momento è un’ipotesi che fa discutere e che potrebbe avere serie implicazioni sui tempi di quarantena. Dubbi dalla Cina anche su uno dei test più comuni per la diagnosi del coronavirus: il test Nat (nucleic acid test) per la ricerca del materiale genetico del virus darebbe troppi falsi negativi, ha detto il direttore dell’Accademia cinese delle Scienze mediche, Wang Chen. Il problema non riguarda l’Italia, dove nei test si esegue sempre una procedura di controllo basata sul confronto con la sequenza sintetica del genoma del virus messa a punto nell’Università di Padova, ha rilevato uno dei ricercatori che ha ottenuto la sequenza, Andrea Crisanti.
Mancano certezze e si lavora incessantemente per avere dati attendibili in una situazione in costante evoluzione, al punto che «quanto era accaduto appena due settimane fa sembra vecchio di due anni», come ha rilevato Alessandro Vespignani, della Fondazione Isi di Torino e della Northeastern University di Boston. Le risposte più importanti riguardano il tasso di contagio, ossia quante persone può contagiare una persone che ha l’infezione, e quello di letalità, vale a dire la percentuale di persone che muoiono a causa del virus. Se i valori oscillanti finora attribuiti a questi due aspetti fossero sostituiti da una cifra certa, così come dovrebbe accadere per il tempo di incubazione, diventerebbe possibile elaborare modelli capaci di descrivere l’andamento dell’epidemia.