Coronavirus, il cinese in autoisolamento: “Perché ha ragione la Lega”, lo schiaffo a Giuseppe Conte

«Ma come si fa! Ci sono i vestiti nell’immondizia! L’ appartamento mi sembrava a posto, a parte un po’ di confusione e tanta polvere, e invece dopo 12 giorni mi sono accorta che dentro ad alcuni sacchetti ci sono dei vestiti: roba da matti! Ma io dico: capisco che sono giovani, qui non hanno famiglia, ma mi sembra incredibile una cosa del genere». Xia Weihong, 48 anni, sposata e mamma di tre figli ormai cresciuti, appena è rientrata dalla Cina a Pontevigodarzere – una frazione di Padova – ha deciso di mettersi in isolamento. Era partita la sera del 22 gennaio per Qingtian, dove vive la madre, ma l’ esplosione del Coronavirus l’ ha costretta a rientrare in fretta, dopo appena 4 giorni.

«Wuhan, dove è cominciato tutto, è distante mille chilometri dalla mia città, però il rischio era comunque troppo alto». A Pontevigodarzere Weihong è titolare di un frequentato ristorante cinese che si chiama “Grande Shangai” e mentre parliamo al telefono sta pulendo uno degli appartamenti di solito a disposizione del personale: è qui che ha deciso di trascorrere la sua “quarantena”. «Prima c’ era un cameriere bengalese. Ora è tornato a casa, ma questa cosa dei vestiti proprio non la capisco Comunque sto bene, grazie, ho solo un po’ di allergia per colpa della polvere. Stavo bene anche appena tornata, ma era meglio prendere questa precauzione».

È il governo cinese a consigliare di autoisolarsi?
«Sì: è lo Stato che ci invita a farlo. Lo dicono in televisione, lo scrivono sui giornali, mandano i messaggi nelle varie chat sui telefonini. Il capo della sanità, che oggi ha 84 anni e nel 2003 ha vinto la guerra contro la Sars, ripete che l’ unica cosa da fare per evitare che il virus si diffonda è quella di stare da soli. Sa cosa dice?».

Sentiamo
«”Se volete aiutarci state a casa e dormite”. In ogni caso l’ avrei fatto lo stesso per non mettere in pericolo la mia famiglia e per rispetto degli italiani e della nazione che mi ha accolto 36 anni fa».

Dalle megalopoli cinesi a Pontevigodarzere immaginiamo sia stata dura
«Eccome! In più non sapevo una parola di italiano».

Perché si è trasferita?
«Dalle mie parti c’ era tanta povertà. Io non volevo venire, ma mio papà ha deciso di aprire un ristorante in Italia e quindi siamo partiti con mia sorella. Prima siamo stati a Trieste, poi a Roma, e alla fine siamo arrivati a Padova».

Avevate amici qui?
«Mio zio viveva a Bologna. Era un diplomatico, è stato nominato cavaliere del Vaticano. Era molto amico di Papa Wojtyla, lo sa?».

Conosce altri cinesi in Italia che hanno scelto di autoisolarsi?
«Certo, un sacco di persone. Mia cognata, i suoi amici, un’ altra mia amica con la quale una volta alla settimana vado a cantare. Poi alcuni miei vecchi compagni di classe che vivono a Barcellona. Tutti quelli che conosco si sono isolati volontariamente. Non ci ha obbligati nessuno, ma così stiamo aiutando la nostra nazione e il resto del mondo».

Immaginiamo quindi che sia d’ accordo con la richiesta del governatore del Veneto Zaia e dei colleghi del Nord di un periodo di isolamento anche per gli studenti appena tornati dalla Cina
«Sono molto d’ accordo, la trovo una cosa di buonsenso».

La famiglia come ha preso la sua decisione?
«Mi hanno capita subito. Mi mancano, è ovvio, saluto mio marito e i miei figli dal terrazzo, parliamo sempre al telefono. Per fortuna però è quasi finita: tra un paio di giorni potrò riabbracciarli».

E per il mangiare come fa?
«Me lo portano dal ristorante, che è qui attaccato: lo lasciano fuori dalla porta, su una sedia. Ho il frigo pieno, non mi manca niente».

Cosa fa tutto il giorno?
«Dormo fino a tardi, faccio ginnastica, mangio, pulisco, mi occupo di raccolte fondi per l’ acquisto di mascherine, anche se ormai non si trovano più. Poi organizzo il lavoro, rispondo alle mail dei clienti e faccio le fatture elettroniche, che sono pericolose quasi come il Coronavirus».

I cinesi si sentono discriminati?
«Un po’ sì, la gente ci guarda con sospetto e non è giusto: noi stiamo cercando di essere il più rispettosi possibile».

Ognuno in Italia sta dicendo la sua sulla possibile causa dell’ epidemia. È così anche in Cina?
«C’ è chi dice che sono stati gli americani a diffonderla, chi dà la colpa ai pipistrelli Ma non è che i cinesi mangino cose strane da oggi: lo fanno da tremila anni. E comunque dipende da zona a zona: la mia regione, per dire, è più grande dell’ Italia».

Ma li mangiate veramente i pipistrelli?
«Sono sincera: non so che usanze abbiano a Wuhan, non ci sono mai stata. Di sicuro i pipistrelli io non li ho mai mangiati! So che nella nostra storia solo i cantonesi mangiano topi e schifezze simili, ma dipende anche lì da caso a caso. Però se la colpa è di chi mangia queste cose, perché il virus è venuto fuori solo adesso?».

È vero che il governo cinese ha informato tardi la popolazione?
«Qualcuno lo dice, sì, altri invece sostengono che è stato rapido. Chi può sapere come sono andate veramente le cose? Di certo gestire la Cina è difficile, è un Paese immenso. Comunque io posso solo fare la mia parte, spolverare, e pensare a dove mettere tutti questi vestiti».

di Alessandro Gonzato per Liberoquotidiano