“Chiudono tutta la Lombardia”. Assalto alla stazione di Milano
Gente in fuga alla stazione di Milano con tanto di bagagli al seguito e mascherina sanitaria ben salda al volto.
Biglietterie prese d’assalto e scale mobili quasi al collasso. È la fotografia di un paese in preda al panico, piegato della psicosi ingenerata tanto dalla esplosione di una eventuale pandemia quanto dalla suspance per le comunicazioni tardive del Governo sulle nuove misure relative allo spostamento delle persone nei territori assediati dal virus. Stavolta la posta in gioco è più alta del previsto e l’indiscrezione relativa alla blindatura della Lombardia fa scappare tutti a gambe levate.
Un pasticcio madornale, goffo e deleterio. Si tratta dell’effetto boomerang prodotto dalla bozza del decreto coronavirus varato dal Consiglio dei Ministri che, nonostante i reiterati annunci di un’imminente sottoscrizione, allo scoccare della mezzanotte di sabato non ha ancora ricevuto il benestare del premier. Insomma, ci sarebbe uno scartafaccio ma mancherebbe la firma. Soltanto dopo ore di spasmodica attesa, infatti, nella notte di domenica 8 marzo, Conte annuncia l’approvazione dei provvedimenti. “Leggerete tutto domani sulla Gazzetta Ufficiale”, si rivolge alla stampa prima di ritirarsi nuovamente nelle stanze di Palazzo Chigi. Ma ormai la frittata è fatta e, mentre il Cdm mette a segno l’ennesimo strafalcione, centinaia di persone si sono già messe in marcia da Milano verso il sud del Paese col rischio concreto di diffondere agevolmente l’epidemia.
Tutto comincia pressapoco alle ore 20, quando le testate giornalistiche e i notiziari nazionali anticipano parte del contenuto relativo alla bozza del nuovo decreto. Tra le varie limitazioni in elenco, si evidenzia la necessità di “chiudere la Lombardia” con ingresso e uscita garantita solo per motivi “gravi e indifferibili” di lavoro e famiglia. Bastano due righe di troppo, frutto di una comunicazione istituzionale parecchio dinoccolata, a scatenare il pandemonio. Appresa l’indiscrezione, decine di persone si riversano in massa alla stazione centrale di Milano in ricerca di un treno che possa condurli lontano dal capoluogo meneghino, fuori dai confini serratissimi della Lombardia. Le destinazioni sono varie e disparate: da Roma a Catanzaro, passando per Firenze fino a Bari o Napoli. E poco importa se gli unici convogli disponibili non rispondono agli standard della modernità, ciò che conta è garantirsi la fuga dalle terre del virus prima che giunga una interdizione ufficiale alla libera circolazione delle persone nelle province off limits di Veneto, Piemonte, Lombardia ed Emilia Romagna.
“C’è l’ho fatta, sono riuscita a prendere un biglietto su un InterCity per Roma”, racconta una ragazza in un video amatoriale circolato su Facebook. Intanto, tutt’attorno è solo un grande caos di provvedimenti non confermati e silenzi ministeriali.