Caso Palamara, scandaloso intreccio tra magistrati di sinistra anti-Salvini e i giornalisti di Repubblica

Vittorio Feltri su Libero sgancia un’altra bomba contro Luca Palamara, e stavolta mette nel mirino i rapporti tra giornalisti e magistrati. Lo fa pubblicando una serie di intercettazioni tra lo stesso Palamara e la giornalista Liana Milella di Repubblica. E ancora intercettazioni tra Palamara e Giovanni Legnini (ex vicepresidente del Csm) in cui si parla di orientare la linea di Repubblica e di altre testate.

Feltri commenta così la scelta di pubblicare le intercettazioni: “A noi le intercettazioni non sono mai piaciute perché vengono trascritte alla carlona e tradiscono spesso il pensiero degli intercettati. Ma in questo caso che attiene ai rapporti spesso stretti tra magistrati e giornalisti, ci pare doveroso informare i lettori di cosa avviene a loro insaputa (…) Quando pm e giornalisti diventano compari di merenda e intrecciano relazioni tese a incidere sulla corretta informazione, disinteressata, allora è bene che il pubblico sappia con chi ha a che fare”. E ancora: “Chi ha voglia di leggere il resoconto presente in questa prima pagina si renderà conto che siamo di fronte a una sorta di inquinamento che non giova né ai miei colleghi scribi né agli amministratori della giustizia”

Nelle trascrizioni si legge che Palamara a un certo punto della conversazione con Liana Milella le dice di fare un articolo sulla sua futura nomina a procuratore aggiunto di Roma (nomina poi saltata per l’inchiesta che ha coinvolto il magistrato): “Mettimi a Roma e stai buona Milella”. Ancora, parlando con Stefano Fava (pm a Roma), Palamara dice che “Bianconi (giornalista del Corriere) è legato ai servizi”. Infine, parlando con Giovanni Legnini, Palamara viene consigliato di parlare con Claudio Tito per riequilibrare le posizioni di Repubblica, bypassando Liana Milella che “conta poco là dentro”. Palamara afferma di avere un buon rapporto con Claudio Tito e Legnini risponde: “Lo conosci bene e allora parla con lui deve passare la linea della vendetta nei tuoi confronti”.

Intercettazioni che suffragano l’accusa bruciante di Piero Sansonetti, direttore del Riformista secondo il quale “giornalisti e magistrati sono una casta, sono due facce della stessa medaglia. Perché il giornalismo italiano dal 1992-’93 ha smesso di esistere, accettando una sorta di vassallaggio nei confronti dei pm. L’indipendenza non esiste: i giornalisti giudiziari sono agli ordini del partito dei pm”.

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