“Bella ciao” cantata a messa, il prete “rosso” non si pente: «I cristiani sono partigiani»

 

Il prete “rosso” non si pente, anzi riancia. Per lui cantare “Bella Ciao” in chiesa è un atto doveroso. «Non è un capriccio nè una provocazione, ma è un segnale pensato per ricordare la doppia fedeltà del credente al Vangelo e alla Costituzione repubblicana». Così don Massimo Biancalani, parroco di Vicofaro a Pistoia, da tempo impegnato nell’accoglienza ai migranti, spiega il senso dell’iniziativa di eseguire il canto popolare della Resistenza partigiana al termine della messa domenicale (articolo e video).

Un gesto che dopo l’annuncio su Facebook aveva provocato, la scorsa settimana, “il biasimo” della Curia diocesana pistoiese e che ha ieri ha suscitato anche reazioni politiche di condanna da parte del centrodestra. «Noi cristiani per certi aspetti siamo partigiani – ha dichiarato all’AdnKronos don Biancalani -. Io personalmente mi sento di prendere una parte, non politica ma umana. Il cristiano deve essere un partigiano dell’accoglienza, della solidarietà e della giustizia. E così facendo risponde al Vangelo, che è la luce per un credente, ma anche alla Costituzione». Poi aggiunge: «Non pensavo che annunciare e cantare “Bella Ciao” scatenasse tante polemiche», ha dichiarato il parroco. Che si è detto “un po’ amareggiato” per il comunicato apparso sulla pagina Facebook della Diocesi per un paio di giorni e che poi è stato tolto.

La difesa del prete: «Giusto cantare “Bella ciao” in chiesa»
«Nessuno mi ha chiamato per sentire le mie ragioni, le spiegazioni. E io – ha precisato il sacerdote – non ho mai proposto di sostituire i canti liturgici con “Bella Ciao”. Come hp spiegato, ieri, a conclusione della messa. Chi voleva poteva rimanere in chiesa per cantare una canzone che è ormai patrimonio di tutti, di sinistra, di centro, di centrodestra, perchè lo è storicamente, per dare un segnale. Per ricordare che noi restiamo e resistiamo dalla parte dell’umanità, nonostante tutto. “Bella Ciao” è diventato ormai un inno internazionale anche per i movimenti che si occupano di diritti civili. Mi sorprende che siano proprio gli italiani a scandalizzarsi per l’uso di questa canzone da parte di una comunità che sta facendo una battaglia per i diritti umani».

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