La lezione di Zarish Neno: “È un onore essere una cristiana pakistana”. “Vessata dagli islamici anche in Italia”

È un libretto che ha meno di 100 pagine, ma molto prezioso perché lo ha scritto una giovane cristiana proveniente da uno di quei paesi fuori dall’Occidente dove i cristiani sono una minoranza perseguitata. Di loro si parla e si scrive poco qui da noi, e quel poco è mediato dall’ottica e dalle preferenze dei commentatori occidentali. Raramente il lettore italiano si imbatte nella testimonianza di un cristiano extraeuropeo che prende la parola per raccontare la propria storia e per cercare di comunicare la coscienza che ha di sé.

«SONO FELICE DI ESSERE UNA CRISTIANA PAKISTANA»

Zarish Neno, 33enne pakistana, da pochi anni immigrata nel nostro paese, rappresenta uno di questi rari casi. E la differenza si sente sin dalle prime pagine di Una piccola matita – Vita di una donna cristiana in Pakistan, laddove l’autrice spiega perché insista molto a definirsi «cristiana pakistana» e non semplicemente «cristiana»:

«Il Pakistan è il luogo in cui Dio ha voluto farmi nascere, così che possa testimoniare la mia fede in Lui alle persone che ci circondano. (…) Sono felice di essere una cristiana pakistana. Per me è un grande onore. Essere cristiani pakistani è una vocazione speciale, vocazione che richiede di accogliere la persecuzione come un dono di grazia, secondo le parole di Paolo ai Filippesi: “A voi è stata concessa la grazia non solo di credere in Cristo; ma anche di soffrire per lui” (Fil 1, 29)».

«MEGLIO MORIRE IN CHIESA CHE IN CASA»

Testimonianze eroiche di fede dei cristiani pakistani, angherie sperimentate personalmente nella vita quotidiana, esempi di musulmani che si comportano in modo più che decente coi cristiani, segni della vicinanza di Dio: i contenuti si articolano attorno a questi quattro temi e sono accompagnati da considerazioni e riflessioni suscitate da una fede che si approfondisce nel tempo, passando attraverso momenti di disperazione che l’autrice non nasconde. Ci viene raccontato che

«dopo gli attacchi alla chiesa di Peshawar del 22 settembre 2013, dove sono morte 78 persone, il cardinale Joseph Coutts responsabile dell’arcidiocesi di Karachi, ha deciso, per proteggere i fedeli, di chiudere tutte le chiese per un po’ di tempo. La gente però era contraria. Una delegazione di fedeli è andata dall’Arcivescovo e gli ha detto: “Sua Eccellenza, non vogliamo che le chiese vengano chiuse o che non vengano più celebrate le Messe. Saremo presenti, accada quel che accada. È meglio morire in chiesa piuttosto che a casa”. L’arcivescovo  è rimasto commosso dalla fede del suo popolo e per questo ha continuato a tenere le chiese aperte».

VESSAZIONI ANCHE IN ITALIA

Le vessazioni che una giovane donna cristiana deve sopportare anche se ha un’ottima formazione comprendente studi all’estero e parla cinque lingue sono costanti: Zarish deve abbandonare corsi di studio e posti di lavoro per non subire imposizioni che riguardano il suo credo o per non rischiare di essere accusata di blasfemia. Ripetutamente si imbatte in persone, anche pubblici ufficiali, che senza tante cerimonie oppure con untuosa gentilezza la invitano a convertirsi all’islam. E questo succede persino dopo il suo trasferimento in Italia, presso le bancarelle dei venditori ambulanti! In Pakistan c’è chi le dice in faccia che prega perché la sua richiesta di visto per l’Italia per visitare amiche suore venga rigettata. E così via.

Ma ci sono anche Salmaan Taseer, il governatore musulmano del Punjab assassinato per aver difeso Asia Bibi, e tanti musulmani semplici che si rivolgono ai cristiani perché preghino per loro attraverso l’intercessione di Maria la madre di Gesù, garanzia che la preghiera sarà ascoltata da Dio ed esaudita. Zarish presenta brevemente anche l’opera sociale a cui ha dato vita, il Jeremiah Education Centre di Faisalabad che combatte la dispersione scolastica e la miseria dei cristiani più poveri: «Finora abbiamo aiutato a tornare a scuola, con successo, novanta bambini, e quarantatré famiglie a ricevere generi alimentari».

MESSAGGIO AI CRISTIANI OCCIDENTALI

Ma soprattutto cerca di trasmettere al lettore un messaggio di fede:

«La sofferenza è un modo per purificarci da ogni dubbio e paura; i nostri momenti difficili non sono qualcosa di brutto, ma un viaggio spirituale necessario a capire quanto sia importante imparare ad abbandonarci completamente a Dio. Mia madre continuava a ricordarmi che anche Cristo aveva sofferto, ma era rimasto sempre ubbidiente al Padre. È questo il nostro ruolo durante la sofferenza: l’obbedienza a Dio. E credetemi, Dio vi ricompenserà».

Trasferitasi in Italia, Zarish Neno si è resa conto in breve tempo che anche in Occidente i cristiani subiscono varie forme di pressione che sconfinano nella persecuzione. Per questo l’ultimo, breve capitolo del libro consiste in un «Messaggio per i miei fratelli e le mie sorelle occidentali» destinato a incoraggiare i cristiani di qua a resistere e a scoprire il senso delle sofferenze presenti.

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