Vi faccio vedere come si offende un italiano
Verrebbe da dire che l’hanno ucciso un’altra volta, se non fosse che forse a essere già morti sono loro.
Irak, aprile 2004, Fabrizio Quattrocchi è costretto in ginocchio, mani legate e cappuccio in testa. Le armi puntate contro, ma l’orgoglio di chiedere se lo può togliere per guardare in faccia chi gli darà la morte. Come solo gli spiriti grandi sanno fare. «No» gli rispondono i tagliagole islamici, accusandolo di essere un nemico di Allah. Ma ci vuole altro per avere ragione del suo coraggio. E strappando quel drappo nero che umilia il suo animo di combattente, urla la sua rabbia e il suo orgoglio. «Adesso vi faccio vedere come muore un italiano» è la sfida ai vili che gli sparano alle spalle prima di buttarlo in una fossa. E lordarlo con l’accusa di essere «nemico di Dio».
Ecco, se per caso sentendo quelle parole, quell’adesso vi faccio vedere come muore un italiano avete provato un brivido di amor patrio o di riconoscenza per appartenere al suo stesso popolo, ebbene sentitevi in colpa. E cancellate subito l’emozione. Perché l’Anpi, l’associazione dei partigiani, non vuole. E si oppone al fatto che oggi a Genova gli si intitoli la passerella sul Bisagno che arriva a piazzetta Attilio Firpo, il partigiano Attila che per l’Anpi non merita l’affronto di stare vicino a Quattrocchi. Uno dicono (senza nemmeno vergognarsi), con la colpa di essere «impegnato su teatri di guerra stranieri per scelta professionale». E pazienza se lo Stato lo ha premiato con la Medaglia d’oro al valor civile, per i partigiani le medaglie buone sono (ancora) solo quelle che dava l’Urss di Stalin.