Ultim’ora: I pronto soccorso in Sicilia Da oggi li gestirà la Lombardia. Alla faccia del flop sul Covid

La Sicilia parla lombardo. È cosa fatta, infatti, la riorganizzazione del pronto soccorso 118, che vedrà sparire la gestione della siciliana Seus, a favore della Areu, società che arriverà sull’isola con la denominazione di Areu Sicilia, sul modello sanitario lombardo, negli ultimi mesi al centro di critiche. Si è infatti concretizzato il protocollo di intesa fra le due regioni, firmato nell’ottobre del 2018 da Nello Musumeci e Ruggero Razza (presidente della Regione Siciliana e assessore alla Sanità) e dagli omologhi lombardi Attilio Fontana e Giulio Gallera, in cui si avviava una collaborazione “al fine di mutuarne la positiva esperienza”: all’Areu Sicilia sarebbero passate così le quote appartenute della Seus, delle quali è titolare la Regione in misura del 53,25 per cento.

Se la questione aveva fatto discutere non poco nel 2018, la gestione lombarda del soccorso siciliano come “modello da imitare” suona stonata nel mondo post Covid-19 da cui la sanità della Lombardia non esce certamente indenne, con problemi e inchieste come quella legata alla costruzione dell’ospedale Covid nella zona Milano Fiera. L’affare, conclusosi solo adesso, ha anche un risvolto politico che rinsalda il rapporto tra Musumeci e la Lega, da poco entrata nella giunta del presidente: a gestire la nuova governance della neonata Areu Sicilia potrebbe essere infatti Alberto Zoli, direttore di Areu Lombardia, scelto dalla Lega per l’amministrazione della società lombarda, o comunque un direttivo di marca milanese.

Ma la virata a nord del presidente era già partita nel 2018, quando era stata affidata la carica di presidente del Cda di Seus al manager milanese Davide Croce, scelto per un ruolo la cui nomina è stata sempre viziata dalla politica. Mentre comincia il “totopoltrone” per la nuova società, alla finestra ci sono 3200 dipendenti della Seus (società nata solamente nel 2009) oggi in agitazione, che attendono di capire il loro futuro. Nella legge 562/19 che ha istituzionalizzato il nuovo corso del soccorso siciliano si fa presente che le nuove assunzioni devono avvenire “attraverso procedure concorsuali” per i già dipendenti Seus, un concorso di cui però non si conoscono i dettagli.Tutti i dubbi sul nuovo modello vengono esposti dalla segretaria generale della Cisl Fp di Agrigento, Caltanissetta ed Enna Floriana Russo Introito: “La Seus era organizzata bene – dice – per questo motivo non comprendiamo i motivi di questa scelta, ancor di più oggi, dopo l’esperienza del Covid. Non necessariamente un servizio come Areu è infatti un servizio da imitare, per questo motivo abbiamo diversi dubbi”. Anche sul futuro dei dipendenti la situazione non è affatto chiara: “Abbiamo chiesto un incontro con l’assessore per chiarire tutti i dubbi – afferma ancora la segretaria Cisl Fp – il personale amministrativo passerà nella nuova Areu, ma dopo una prima fase, la Seus finirà e allora vogliamo comprendere bene il futuro del resto del personale”.

Il nuovo incontro dovrebbe chiarire gli ultimi dubbi, ma i rapporti tra assessorato e sindacati non sono certo distesi, come riconosciuto nel corso di una diretta Facebook dallo stesso assessore regionale alla Sanità, Ruggero Razza, stizzito dalle polemiche sollevate dalle sigle sindacali: “Le organizzazioni sindacali dicono che il governo regionale vuole licenziare i lavoratori della Seus e che il governo voleva svendere la società a un’altra lombarda. Ma questo è falso – spiega in un video l’assessore – Stiamo agendo su un sistema che è confuso perché diviso in 5 livelli. Per questo stiamo cercando di capire come organizzare il sistema di emergenza. I licenziamenti sono delle bugie – continua Razza – Seus va inglobata dentro Areu e non va liquidazione e non si scioglie”. L’assessore però non smentisce, anzi ribadisce con fermezza che le assunzioni avverranno per concorso, precisando però che “nessuno andrà a casa”. Il nuovo incontro, adesso, potrebbe sciogliere gli ultimi quesiti sul futuro dipendenti, ma non i dubbi legati all’imitazione di un “modello sanitario lombardo” che sembra uscire con le ossa rotte dall’emergenza Coronavirus.