‘Tutti liberi per un mese, poi…’ Rivelato il piano del governo

Stringere i denti fino ai primi giorni di dicembre, riaprire tutto all’Immacolata, garantire qualche settimana di spensieratezza agli italiani, tra un cenone di Natale, un po’ di shopping per far ripartire l’economia e qualche gitarella fuori porta – tutto rigorosamente accompagnato da severe prescrizioni che non saranno rispettate – salvo poi poter fare retromarcia e chiudere tutto nella seconda metà di gennaio.

Potrebbe essere questo il piano del governo nella lotta al Covid in vista dell’imminente futuro. Almeno a giudicare dalle parole di un misterioso e anonimo capo di gabinetto intervistato dal quotidiano Libero, da decenni attivo nelle stanze del potere italiano e ben informato sulle intenzioni di chi decide le sorti del Paese.

Gli errori del governo

Sia la prima che la seconda ondata hanno colto tutti di sorpresa. La differenza è che nella scorsa primavera nessuno sapeva a cosa saremmo andati incontro, mentre adesso ci ritroviamo in una situazione spinosa: l’esecutivo sapeva dall’estate di un possibile ritorno di fiamma del virus, ma niente è stato fatto. “Nei ministeri tanti hanno abbassato la guardia, pensando che fosse finita. Sarebbe stato necessario usare luglio e agosto per prepararsi al peggio, non per andare al mare”, ha raccontato la fonte.

La stessa fonte ha svelato che ad agosto il sistema di tracciamento “stava già saltando” e che “un terzo dei focolai sfuggiva” al monitoraggio. “Bastava leggere i report scientifici e sanitari. Quelli veri che circolano al ministero, non quelli per le conferenze stampa. Ma le Regioni non si sono fatte problemi a consentire l’apertura delle discoteche”, ha proseguito l’anonimo capo di gabinetto.

Il governo giallorosso, che poche settimane prima, aveva bloccato un’ordinanza della Calabria sui tavolini dei bar all’aperto, non ha impugnato le ordinanze sulle discoteche (che il Tar del Lazio avrebbe sospeso a stretto giro). Anzi: si è preoccupato di intervenire sui contagi di ritorno dei viaggiatori provenienti da Spagna e Gregia. Sulle discoteche l’esecutivo è intervenuto in ritardo, “quando il danno era fatto”. Un lockdown massiccio, almeno fino a questo momento, non sarebbe stato fatto non tanto per motivi economici (“ormai si fa tutto a debito”) quanto per una “valutazione sulla tenuta psicosociale degli italiani”.

Il ruolo del Comitato tecnico scientifico

Ma chi è che prende le decisioni? In molti si chiedono se sia il governo a “governare” il Comitato tecnico scientifico o se siano gli esperti a decidere cosa e quando farlo. La risposta del capo di gabinetto è chiara: “Dipende dai momenti. La realtà è in chiaroscuro. Talvolta il governo si appoggia al Cts, talvolta lo fa un ministro a spese di un altro. Talvolta le parole del Cts sono pietre, talvolta evaporano nel tragitto verso Palazzo Chigi”.

Come se non bastasse il Cts “non è un monolite”. Anzi: si tratterebbe, a detta della fonte, di un “consesso di accademici e primedonne della sanità romana, con un certo numero di grand commis ministeriali. Certi giorni potrebbe essere una serie tv di Netflix, certi altri un remake di Brancaleone alle Crociate”.

Sul tema dei documenti del Cts, i rapporti non verrebbero desecretati per un motivo molto semplice: l’intera gestione emergenziale sarebbe fondata sul segreto. “Segreti i piani del Next Generation Ue. Segreti i nomi delle aziende che vincono la gara sui banchi scolastici. Segreti i report con idati sanitari. Segrete le riunioni delle task force. Segreti i protocolli dei fondi Sure”, ha fatto notare la solita fonte.

Dissidi politici

La gestione dell’emergenza Covid ha evidenziato scontri e dissidi politici. “La pandemia viene gestita con i soliti schemi della lotta politica. Governatori contro governo. Sindaci contro governatori. Pezzi di maggioranza contro la maggioranza. Pezzi di opposizione contro l’opposizione”. “E naturalmente, ma più per obbligo di copione che per convinzione”, ha aggiunto la fonte. Insomma, ci troviamo di fronte a una sorta di lotta per la sopravvivenza.

Per quanto riguarda i Dpcm, “si scrivono sempre a Palazzo Chigi sotto dettature di Conte”, ha svelato il capo di gabinetto, aggiungendo che questo particolare spiegherebbe come mai nell’ultima bozza definitiva “sia scomparsa la chiusura dei parrucchieri”. “Cosa che a noi non è sfuggita, al pari del nuovo colore dei capelli del presidente del Consiglio”, ha aggiunto.

Da un punto di vista strettamente politico, Conte è consapevole di essere debole in questa fase e quindi “cerca sponde”, sia istituzionali che politiche. Proprio da qui deriverebbe la guerra con le Regioni e l’apertura “necessaria e obbligata, su sollecitazione ormai quotidiana del capo dello Stato” all’opposizione. Una smossa, quest’ultima, “tardiva e destinata al fallimento”.