Tremonti: “Le illusioni sono finite. Ecco cosa succederà ora”

Professor Tremonti, oggi è Il suo compleanno. Un giorno di bilanci non solo personali ma anche politici e soprattutto filosofici. Come vede il nostro Paese?

Comici e “crematisti”: queste sono le figure nuove, anzi antichissime, che in questi giorni si presentano sulla scena, occupandola con le loro “arti” e con le loro “magie” applicate alla politica, mettendo in scena la mediocrità o il peggio del nostro possibile futuro. Un tipo di futuro che, invece, dobbiamo e possiamo evitare, mettendoci dal lato giusto della storia.

Da dove partiamo?

Da un po’ lontano, ma forse neanche troppo lontano. Partiamo da Roma, ma arriveremo anche ad Atene, i due luoghi dove tutto, o tanto, è cominciato. Nell’antica Roma agli attori era fatto divieto di fare politica e questo per una ragione molto seria: degli attori si conosceva, ma anche si temeva, la capacità di suggestionare ed influenzare il popolo. Lo stesso valeva, ed a maggior ragione, per i comici. Una categoria, questa, certo non minore, di quell’arte, anzi superiore nella capacità di impressionare la plebe e per questo, a ragione, temuta.

Immagino che ogni riferimento a fatti e persone dei giorni d’oggi sia da considerare casuale…

Nella Roma di oggi è l’opposto di quanto era nella Roma antica. Non è all’arte comica che si vieta la politica, ma è la politica che si sottomette o insegue l’arte comica. Del resto, le grandi maschere italiane appaiono nel Seicento, nella decadenza e nella sottomissione allo straniero di quella che è stata una grande civiltà.

Però Grillo ha rappresentato una vera e propria rivoluzione in Italia…

Certamente a Grillo va riconosciuta una grande intelligenza e grande efficacia nelle sue seriali application.

Prima ha parlato di sottomissione. Cosa intende con questo termine?

Ogni riferimento alla vittoria europea appena ottenuta è puramente casuale. Forse andrebbe maggiormente considerato il fatto che l’Italia dallo status di Paese fondatore è passata a quello inferiore di Paese prenditore, stazione appaltata o appaltante, per la gestione di fondi altrui presi a debito, dimenticando che il debito, quale che ne sia la fonte o il titolo, è pur sempre causa di soggezione e sottomissione.

Questo è ciò che riguarda Roma. Cosa c’entra Atene?

Atene, si è detto, è il luogo politico in cui tutto è cominciato. Nella “Politica”, Aristotele parla della “crematistica” e dei “crematisti”, dove “crema” sono i soldi e crematisti sono quelli che nei soldi identificano il centro della vita: maniaci feticisti assoluti del denaro, oggi i profeti della finanza. Quelli che, dopo averci disastrato, prima con la loro turbo globalizzazione e poi con la loro turbo moneta, oggi ci offrono il solido – si fa per dire – contributo della loro “esperienza” applicata alla novità del turbo debito.

Cosa sta accadendo, dunque?

In trent’anni si è passati da “globalité marché monnaie”, in specie da una filosofia politica in cui il mercato era tutto, ad una filosofia politica opposta. Sono gli stessi che ora passano dal mercato allo Stato, ma questa volta uno Stato buono che crea un debito buono perché curativo, necessario per alleviare la sofferenza dei popoli. Ma ne parlano con la stessa radicalità dogmatica che applicavano al mercato. Ma è così che si confonde il male con il bene e la cura con la malattia. E tuttavia la rotazione dei termini, il passaggio da una polarità all’altra, non impedisce ai crematisti la predicazione come se non solo la ragione, ma anche l’etica, fosse rinnovabile à la carte.

E questa è la parte più remota della storia, che però ci parla anche di oggi. Cosa ci insegna invece il passato più recente?

Passiamo per un attimo dalla vecchia Berlino e qui per ricordare il più riconosciuto e celebrato “mago della moneta”, Hjalmar Schacht, l’inventore dei buoni “MeFo”: l’oro di Mefistofele applicato all’industria metallurgica, l’artificio cambiario con cui fu finanziata l’industria militare tedesca del Terzo Reich. Ma un curiosum: Schacht sapeva che il trucco non poteva durare a lungo. Al proposito, il democratico Keynes, ammirato, nel 1941 ebbe a dire: “Il fatto che tale metodo sia stato usato al servizio del male non deve impedirci di vedere il vantaggio tecnico che offrirebbe al servizio di una buona causa”.

E cosa c’entrano il metodo di Schacht e le parole di Keynes con i giorni nostri?

Il sistema dei MeFo, a ben vedere, non è poi molto diverso da quello applicato dalla Bce a partire dal 2012 per arrivare ad oggi, quantitative easing e fiat money, il denaro che viene dal nulla, oggi con l’aggiunta alla turbo moneta del turbo debito.

Queste misure però, almeno così è stato detto, furono necessarie per salvare l’euro e l’Europa…

Non ci è stato detto: salvate da cosa? Da quale causa o colpa, da quali colpevoli? Forse, lo veniamo a sapere obliquamente solo oggi quando, per motivare il cambio che oggi è in corso nella politica economica dell’Ue, si ammettono i tragici errori fatti nella gestione della crisi a partire dal 2008 e poi nel successivo decennio.

In che senso, mi scusi?

Quella crisi non aveva causa nelle finanze pubbliche ma nella finanza privata ed in specie in quella franco-tedesca e dintorni. In ogni caso, un conto sarebbe stato un “pronto soccorso”, un altro conto è stata la “lunga degenza”, una cura – si fa per dire una cura – che è durata otto anni. Una cura “magica” che da un lato ha generato una massa finanziaria artificiale ormai cifrata in trilioni di euro, noti trilioni al posto dei vecchi miliardi, in questo modo determinando l’emersione di numeri sempre più grandi e senza limiti. Senza limiti perché, alla cura che somministrano, ormai non credono più neppure i suoi dottori. Non solo, una cura che ha prima spiazzato e poi annichilito la democrazia in Europa, se intesa la democrazia come il luogo della responsabilità.

Nella nostra ultima conversazione, avevamo già sfiorato questi temi. Ci può spiegare meglio per favore?

Due prove: una politica e una “iconica”. Per otto lunghi anni in nessuno Stato dell’Unione è stata fatta neppure una delle pur invocate “riforme”. Tanto c’era la Bce! Iconografia: quest’autunno, a Francoforte, alla cerimonia del cambio dei governatori della Bce, hanno presenziato tutti i principali capi di Stato e di governo europei. Avremmo mai visto Adenauer, Kohl, De Gaulle, Mitterand o Cossiga sponsor di una cerimonia di questo tipo? È dall’iconografia che emerge la verità: lo scettro è passato dalla politica alle banche centrali e poi da queste ad un mercato monetario che, prima o poi, deciderà di fare da solo, con il rischio che tutto questo ci porti al nulla o al peggio prossimo venturo.

Eppure, la Chiesa con l’Enciclica Quadragesimo anno aveva già messo in guardia da tutto questo. Come è possibile?

La combinazione tecnica turbo moneta + turbo debito forse avrebbe tenuto in un mondo ancora globale ed integrale come è stato negli ultimi trent’anni, ma è una combinazione che non può tenere, che non potrà funzionare, nel disordine e nel caos attuale e prossimo venturo. Chi ancora ci crede ricorda i generali francesi che nel 1940 avevano fiducia nella Maginot, la trincea che non fermò la forza rivoluzionaria dei motori a scoppio, oggi la forza anarchica dei computer.

Uno scenario pessimo. Vero è che la storia non si fa con i se, ma si sarebbe potuto evitare tutto ciò?

Per prevederlo basta guardare a quello che è successo – e sta succedendo – con la pandemia, insieme effetto e causa di una svolta la cui intensità, violenza, “cifra” sono ancora ampiamente sottovalutati. Eppure, molto di quello che sta accadendo, era stato previsto e perciò evitabile. Nel 2009-2010, nella sede del G20 si confrontarono due visioni politiche: quella espressa dal Governo italiano e quella espressa dalla finanza internazionale. La prima visione: non ci si può limitare ad agire a valle sugli effetti, è necessario agire a monte sulle cause. Con la turbo globalizzazione il mondo era passato di colpo da “liberté, fraternité, egalité” ma anche da un capitalismo che ancora era basato sulle regole ad un mondo nuovo in cui l’unica regola era che non ci fossero regole.

Quale era dunque il vostro obiettivo?

Ricordo di avere usato, parlando della crisi, l’immagine del videogame: arriva un mostro, lo batti, arriva un secondo mostro più grande del primo. Ricordo che questa immagine fu usata dall’Economist per una copertina. A quella altezza di tempo, non ci si poteva illudere che la crisi fosse terminata. Si doveva agire e la soluzione proposta era nel passaggio dal “Free Trade” al “Fair Trade”. Non era sufficiente che fossero “giusti” i prezzi dei beni e dei servizi fatti sul mercato, ma necessario che ne fosse “giusta” la produzione con regole capaci di risalire a monte nelle relative filiere di produzione. È in questi termini che prese forma, per essere infine votato dall’assemblea dell’Ocse, il Global Legal Standard (GLS), la bozza pionieristica di un trattato multilaterale internazionale.

Ma che rapporto c’è con la pandemia?

Al punto 4 del GLS si chiedevano “regole in materia ambientale ed igienica”! Le dice niente? Noti che si era, con qualche anticipo, dieci anni fa, nel 2009/2010!

E che cosa accadde al GLS?

Fu battuto dal “Financial Stability Board” (FSB), un organismo che basava la sua ragione d’essere sulla finanza e nella difesa della finanza, che solo avrebbe dovuto essere un po’ sistemata. La vittoria dell’FSB fu celebrata con la pittoresca apparizione nei vertici internazionali di una sua vera e propria bandiera. Una vittoria, quella dell’FSB, che ci ha regalato ancora dieci anni di turbo globalizzazione e di turbo finanza.

Se non sbaglio, all’epoca, alla guida dell’Fsb c’era Mario Draghi, il quale, recentemente, ha scritto un editoriale sul Financial Times, in cui afferma che ci troviamo davanti a una tragedia di dimensioni bibliche…

Tragedia umana certamente, ma di proporzioni non bibliche. E tuttavia la Bibbia è un magazzino ancora attuale di immagini e di miti: la perdita del Paradiso terrestre, il diluvio universale e la Torre di Babele. Forse è proprio questa la leggenda più in linea con quello che sta succedendo. Nella Genesi l’umanità sfida la divinità erigendo una torre verso il cielo. La reazione divina prende forma e corpo nella perdita della “lingua unica”. Tolga lingua unica e metta “pensiero unico” ed è questo che è successo e sta succedendo. La pandemia non conta tanto per i suoi effetti sanitari quanto per i suoi effetti sistemici: la rottura del meccano mentale globale con effetti di discontinuità, effetti che vediamo appena iniziati, geopolitici e politici, sociali ed economici.

Un disastro, insomma…

Se è vero che i disastri possono essere ben noti a quelli che li hanno causati, questi i maggiori esperti, forse oggi non è il caso di andare dietro ai pifferai, di prestare ancora fede ai “maghi”, agli austeristi pentiti, ai Machiavelli etc…

Che fare allora?

È arrivato il momento di metterci dal lato giusto della storia e questo è, e non rida, il lato “romantico” della storia. Il mondo che è stato per trent’anni è passato. È finita l’illusione che ognuno possa stare in tutti i luoghi e possedere tutto. I liquidi non possono sostituire i solidi, i diritti non possono essere scissi dai doveri, i desideri non possono prendere il posto delle virtù e per virtù hanno da intendersi storia, sovranità, tradizioni, comunità, famiglia, responsabilità, solidarietà. C’è stato un momento nella storia simile a quello che è durato trent’anni e che è stato spazzato via dalla pandemia: “Il popolo è ebbro, non ascoltano leggi, necessità e giudici. I costumi sommersi da un frastuono confuso. Ogni giorno è una festa sfrenata. La festa per tutte le feste. E i giorni consacrati all’umile culto divino si sono ridotti a uno solo”. Questo, romanticamente, è Hölderlin (Emp. I, vv. 188-196). In alternativa ad un appello alla fede o in aggiunta, è arrivato il momento che la società civile italiana e che la politica che la rappresenta facciano un appello alla ragione.

Un’ultima domanda: tra le cose che ha fatto in politica è orgoglioso di aver inventato il 5 per mille. Cambierebbe qualcosa?

Lo porterei al 10 per mille, concentrandolo su solidarietà e ricerca scientifica, anche se so che questo sarebbe solo un punto di partenza.