Tra contagi e migranti la vera sciagura è la Ue

Da una parte il Coronavirus, dall’altra lo tsunami di tre milioni e mezzo migranti sospinti verso l’Europa dal presunto alleato Erdogan.

Non sono due semplici crisi. Sono due sfide esistenziali capaci d’affossare l’Europa. Eppure Bruxelles è come sempre incapace di risposte adeguate La cosiddetta «task force» incaricata di affrontare il Coronavirus presentata ieri dal Presidente della Commissione Ursula van der Leyen è poco più d’una presa in giro. Un’autentica task force non si crea mettendo insieme il responsabile dell’Economia Paolo Gentiloni e una manciata d’altri commissari.

Un task force degna di quel nome richiede idee e progetti seguiti dalla scelta delle persone adatte a realizzarli. Ma di piani e progetti non c’è l’ombra. Non esiste una bozza di risposta sanitaria comune. Non c’è un piano per difendere un’economia minacciata secondo l’Ocse «dal più grande pericolo dopo la crisi finanziaria del 2007». Non esiste un progetto per evitare la capitolazione di Schengen. Il tempo non mancava. Un mese fa i casi accertati tra Cina e resto del mondo erano già 20mila630 e i morti 426. Già allora la Cina era un gigante paralizzato pronto a sacrificare non solo l’economia, ma il prestigio e l’immagine di grande potenza pur di fermare il contagio. Numeri e situazioni sufficienti a far comprendere al più ottuso burocrate di Bruxelles la necessità di agire. Invece l’unico segnale di vita è la riunione dei Ministri della Sanità Ue del 12 febbraio. Da allora fino ai 90mila casi e agli oltre 3000 decessi di ieri il nulla.

La neonata task force deve insomma partire da zero e alle mancanze di piani si aggiungono le rigidità di sempre. La sospensione del patto di bilancio basterebbe da sola a risollevare un Eurozona minacciata secondo le stime Ocse da un calo dell’1,5 per cento. Ma per imporla bisognerebbe rimuovere gli egoismi e i dogmi di una Germania che anche negli anni dell’abbondanza ha preferito affossare gli altri pur di difendere le proprie sicurezze. Una Germania di cui è figlia primigenia quella presidente Ursula van der Leyen che ha varato la cosiddetta task force.

Sul fronte dei migranti gli ostacoli non sono diversi. Il gigante tedesco – terrorizzato non solo dal nuovo esodo di migranti, ma anche dal milione e mezzo di turchi che si ritrova in casa fu il primo nel 2016 a cedere al ricatto di Erdogan costringendoci a versargli 6 miliardi di euro. La Germania, già s’intuisce, è la più disponibile a piegarsi al nuovo ricatto, la meno disposta a far fronte comune rafforzando la prima linea greca. Dimenticando che l’unica soluzione per fermare l’esodo non è pagare Ankara, ma metter la parola fine al conflitto siriano che impedisce il ritorno a casa di oltre tre milioni di profughi e regala al Sultano l’arma indispensabile per ricattarci.