“Terroristi? Non con i barconi” Ecco l’ultima bufala di Renzi

Secondo Matteo Renzi i terroristi islamici non sono arrivati con i barconi, bensì dalle banlieues e dalle periferie d’Europa, secondo quanto affermato durante il confronto con Matteo Salvini a Porta a Porta nella serata di martedì.

Una teoria che andava molto di moda con i precedenti governi del Pd, ma ben lontana dalla realtà dei fatti.

Chi segue il fenomeno terroristico in Italia dovrebbe ben saperlo, visto che uno dei principali attentatori che hanno colpito in Europa non solo è arrivato in Sicilia su un barcone, ma ha anche trovato la morte in territorio italiano. Trattasi di Anis Amri, l’attentatore del mercatino di Natale di Berlino, ucciso nella notte del 23 dicembre 2016 a Sesto San Giovanni dopo uno scontro a fuoco con una pattuglia della Polizia di Stato.

Bene, Anis Amri era arrivato a Lampedusa a bordo di un barcone nel 2011 e in Sicilia, oltre a radicalizzarsi ulteriormente, si era anche distinto per una serie di aggressioni e atti vandalici in diversi istituti di pena dell’Isola, prima di raggiungere la Germania.

Anis Amri non è l’unico jihadista arrivato con i barconi, ce ne sono altri. Il fatto che poi non siano riusciti a colpire perché fermati in fase preventiva non implica che allora non possano essere definiti terroristi. È chiaro che il jihadista arrestato prima di colpire fa meno “rumore” mediatico rispetto a quello che riesce a portare a termine l’attentato, ma sul piano tecnico cambia poco in quanto il terrorista diventa un pericolo nel momento in cui tenta di raggiungere il territorio nazionale e se ci arriva tramite il flusso di irregolari allora il problema esiste, è reale e diventa veramente difficile sostenere il contrario.

Alcuni casi di jihadisti arrivati via mare
Tornando ai casi di jihadisti arrivati via mare, tra aprile e giugno del 2018 venivano arrestati a Napoli i gambiani Sillah Ousman e Alagie Touray. I due avevano partecipato a un addestramento militare in un campo mobile in Libia dove si formano i futuri soldati o kamikaze dell’Isis ed erano pronti a compiere attentati in Europa. Nel dicembre del 2016 i due jihadisti erano saliti su un barcone diretto in Italia ed erano arrivati sulle coste siciliane, a Messina. Touray era stato trasferito a Napoli e Sillah in Puglia.

C’è poi il caso del somalo Mohsin Omar Ibrahim, alias “Anass Khalil”, arrestato nel dicembre del 2018 a Bari mentre progettava di far saltare in aria le chiese durante il periodo natalizio. Arrivato nel 2016 in Sicilia a bordo di un barcone, il somalo aveva poi raggiunto Forlì e, dopo aver ottenuto un permesso di soggiorno umanitario, era tornato in Puglia, sistemandosi in uno stabile abusivamente occupato da extracomunitari nei pressi della stazione di Bari. Il 7 gennaio 2018 Anass Khalil aveva colpito alla testa un passante con una bottiglia di vetro dopo aver visto un video dove si spronava i musulmani a far guerra ai cristiani nei loro Paesi, come da egli stesso rivelato a un “confratello”. La parte più allarmante del profilo di Mohsin “Anass Khalil” è però legata alla sua militanza nella componente somalo-keniota dell’Isis e alla sua esperienza di combattimento come jihadista in Somalia e Libia.

Il 13 agosto 2018 le autorità tunisine fermavano un gruppo composto da 9 jihadisti che si stava imbarcando su un gommone assieme a una decina di altri immigrati, tutti diretti verso le coste siciliane.

Due mesi dopo, un tunisino di 25 anni arrivato a Lampedusa a luglio e ospite di un hotspot del posto, veniva riconosciuto da un suo connazionale che lo indicava alle autorità come ex combattente dell’Isis in Siria. Il soggetto in questione veniva dunque immediatamente rimpatriato dall’aeroporto di Palermo.

Questi sono soltanto alcuni dei casi più recenti a cui vanno ad aggiungersi una serie di allarmi lanciati da Europol ed Interpol. Nel gennaio del 2018 emergeva infatti una lista con 50 nominativi di sospetti foreign fighters dell’Isis, tutti di nazionalità tunisina, giunti in Italia a bordo di barche, notizia riportata anche dal Guardian online. La lista sarebbe stata inviata il 29 novembre 2017 al Ministero dell’Interno, ma il Viminale aveva smentito.

Lo scorso luglio era invece un rapporto dell’Europol contenuto nel documento Te-Sat a confermare l’inflitrazione di jihadisti tramite i flussi migratori illegali utilizzando le rotte Tunisia-Sicilia e Libia-Sicilia, in quanto considerate vie sicure. C’è poi la relazione dell’intelligence italiana del 2018 che a pagina 92 fornisce ulteriori conferme sul trasferimento di estremisti islamici subsahariani tramite i canali dell’immigrazione clandestina.

I terroristi provenienti dalle periferie delle grandi città europee sono soltanto una parte di quella galassia appartenente al jihadismo globale che risulta attiva su più fronti. L’infiltrazione di jihadisti ed estremisti tramite flussi migratori illegali provenienti dall’Africa è stata dimostrata dai fatti e non prenderne atto significa non avere una conoscenza adeguata del fenomeno nella sua complessità. In aggiunta, il caos libico e la presenza di gruppi jihadisti attivi sia nel Paese nordafricano che in quella black belt che si estende dalla Mauritania alla Somalia non fa che incrementare ulteriormente i rischi di potenziali infiltrazioni.