Schiaffo della Rackete all’Italia. E gli eurodeputati applaudono

Agli ultrà europeisti che la hanno invitata a parlare davanti alla commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (Libe) del Parlamento europeo non importa affatto che per sfondare il blocco del Viminale Carola Rackete ha speronato la motovedetta della Guardia di Finanza (guarda il video).

“Dall’Italia legge contro diritto…
Altrimenti, anziché stendere il tappeto rosso per la capitana della Sea Watch 3, avrebbero invitato i militari che si trovavano a bordo e che hanno rischiato. E men che meno gli importa che, pur di far registrare i migranti in Italia, come le era stato “suggerito” dal governo tedesco, ha infranto diverse leggi del nostro Paese. Eppure eccola lì, a Strasburgo, a pontificare (“Il caso della Sea Watch è stata una vera vergogna”) e gli eurodeputati tutti in piedi ad applaudirla.

L’audizione della Rackete al parlamento europeo è stata anticipata da un’infinità di polemiche che non accenneranno a diminuire nemmeno oggi che la capitana ha fatto la sua reprimenda all’Europa. Il suo è stato un attacco durissimo che non ha risparmiato nessuno e, sebbene abbia sempre fatto di tutto per non fare nomi e cognomi, il suo dito indice è rimasto sempre puntato contro l’Italia che, sulla base del decreto Sicurezza voluto da Matteo Salvini, aveva vietato alla Sea Watch 3 non solo di attraccare al porto di Lampedusa ma anche di entrare nelle acque territoriali italiane. “Abbiamo vissuto delle situazioni alienanti – ha lamentato – abbiamo dovuto legare i corpi affinché non affondassero intorno a noi. Ho visto persone lasciate sole in mare o riportate nella Libia da cui erano appena fuggite. Ma nessuna esperienza è stata pesante come Sea Watch 3 con a bordo i migranti per giorni che nessuno voleva”. Per la comandante tedesca, l’intera vicenda è stata “una vergona” perpetrata dall’Europa, “culla dei diritti umani”. “Tutta una serie di istituzioni ha innalzato un muro”, ha continuato lamentandosi di essere stata prima attaccata e poi di essersi “ritrovata da sola”. Sola contro l’Italia che con il decreto Sicurezza, “una legge che non rispetta il diritto internazionale e del mare”, l’ha bollata come “una minaccia all’ordine pubblico”.

Il caso della Sea Watch viene usato dalla Rackete per accusare gli Stati membri di non essere “disposti ad affrontare i tempi moderni” ridistribuendo una nave con 53 clandestini a bordo. “Come se a bordo ci fosse la peste invece che persone esauste”, ha quindi incalzato lamentando di aver ricevuto attenzione soltanto dopo essere entrata a forza nel porto di Lampedusa ed essere stata arrestata. “Dove eravate quando abbiamo chiesto aiuto attraverso tutti i canali diplomatici e ufficiali?”. In Aula nessuno ha replicato alle accuse. Nessuno le ha fatto presente che non avrebbe dovuto infrangere le leggi italiane e tantomeno speronare la motovedetta della Guardia di Finanza. Nessuno ha ricordato che quel caso avrebbe potuto essere gestito diversamente e che Lampedusa non era per forza il porto d’approdo a cui puntare per scaricare gli immigrati. Di contro si sono alzati tutti in piedi ad applaudirla. “Questo applauso finale molto lungo è simbolo del nostro apprezzamento degli sforzi che lei ha svolto – ha addirittura commentato il presidente della commissione, Juan Fernando Lopez Aguilar – si è impegnata personalmente in modo incredibile e per questo la ringraziamo”.

Durante il suo intervento, la Rackete non ha mai pronunicato la parola “scusa”. Anzi ha pure fatto leva sul gip di Agrigento, Alessandra Vella, che al termine delle indagini ha dichiarato che era stato “seguito l’obbligo di ricerca e salvataggio” e che quanto fatto era “in conformità del diritto del mare”. L’intervento della capitana in Aula e gli applausi scroscianti sono uno schiaffo al nostro Paese. “Non mi sognerei mai di applaudire una comandante che, dopo aver aspettato deliberatamente 15 giorni al largo di Lampedusa, per scaricare a tutti i costi degli immigrati in Italia, ha addirittura speronato una motovedetta della Guardia di Finanza, mettendo a rischio la vita delle donne e degli uomini in divisa”, ha commentato Salvini spiegando di provar “pena, imbarazzo e vergogna per” chi ha si è alzato ad applaudirla. Anche perché nessuno di questi ha mai avuto il coraggio di commentare la notizia dei tre torturatori di immigrati caricati da Carola e scaricati nel nostro Paese.