Saviano, l’ultima indecenza: «Legalizzare le droghe leggere»

Forse pensa di essere originale, ma non lo è affatto. La proposta di Roberto Saviano di legalizzare le droghe “leggere” per “dimezzare” i profitti della criminalità organizzata è vecchia e stantia. Ma il “guru” la lancia lo stesso. A lui tutto è concesso. È vecchia come idea. Appartiene al repertorio d’annata della sinistra. E ogni tanto viene rispolverata. È una proposta vecchia e bugiarda. Perché tutti sanno che non esistono droghe leggere. E tutti sanno anche che la legalizzazione della droga non farebbe altro che allargare il mercato dei tossici.

«Roma -scrive Saviano su la Repubbica– non ha i morti di Caracas, non è lontanamente paragonabile a San Salvador o Lagos, ma Roma deve smetterla di sentirsi diversa dall’essere una città mangiata dalla corruzione e occupata dai poteri criminali. Prima si rende conto di essere una Capitale mafiosa, prima può forse pensare di trasformarsi». Roma è luogo di riciclaggio privilegiato degli investimenti del narcotraffico da più di un decennio: elenchi sterminati di ristoranti, pub e gelaterie sequestrati alle cosche. Infinite speculazioni edilizie. Tutti spesso derubricati a fatti episodici, laterali alla vita della città quando ne sono l’essenza stessa, il sistema linfatico dell’economia. Dinanzi a un omicidio come quello dei Colli Albani si usano sempre le solite immagini. La metafora cinofila: “Cani sciolti”. Oppure quella equina: “Cavalli pazzi”. Sovente: “Lupi solitari”. Fesserie».