Salvini ha tagliato i costi dell’accoglienza, e loro ammettono il business e’ finito…

Nell’infinito dibattito sull’immigrazione, c’è chi l’accoglienza la definisce un “business” e chi invece la vede con solidale slancio umanitario.

Nel mezzo ci sono loro, le cooperative, associazioni e Srl che in questi anni si sono divise la grande torta dei bandi per la gestione dei richiedenti asilo. Molti si sono domandati: lo fanno per amore del prossimo o (anche) per guadagnarci qualcosa? Difficile dare una risposta univoca. Ora, però, a dare un’idea dell’approccio reale ci pensano le stesse confederazioni in un documento (leggi qui) in cui lamentano infatti che negli ultimi tempi – per colpa di Salvini – è venuto a mancare “l’utile di impresa”. Ovvero il guadagno. Avete capito?
L’accordo per “un’accoglienza rispettosa dei diritti e delle persone accolte e dei lavoratori” porta in calce la firma delle sezioni emiliane di Legacoopsociali, Confcooperative e Agci Solidarietà. Dopo aver riaffermato i “principi inalienabili di solidarietà, rispetto e promozione” senza discriminazioni, le associazioni criticano i tagli voluti dal Viminale che hanno portato i costi a migrante da 35 a 20 euro al giorno. Per farlo è stato rivisto il capitolato delle gare di appalto per “la fornitura di beni e servizi per la gestione e il funzionamento” dei centri di prima accoglienza. L’obiettivo del ministro era (ed è) quello di eliminare “sprechi” biasimati anche dalla Corte dei Conti, garantendo però “i servizi primari e la dignità della persona secondo le regole europee“.
Le coop non la pensano così. Anzi. Secondo le tre associazioni firmatarie dell’accordo il nuovo “schema del capitolato” ridurrebbe “la qualità” dei servizi forniti ai migranti e rischierebbe così di disperdere il “patrimonio etico e materiale della buona accoglienza“. Il motivo? Non aver previsto “l’orientamento formativo e lavorativo, l’insegnamento della lingua italiana, il sostegno nell’accesso ai servizi sanitari e sociali, la presa in carico psico sociale per le situazioni vulnerabili” e via dicendo. In sostanza restano solo “vitto e alloggio”.
In realtà c’è un motivo se Salvini ha preso le forbici e reciso sprechi a destra e a manca. Non solo le cronache raccontano i (molti) casi di servizi pagati dallo Stato e mai veramente elargiti dalle cooperative varie. Ma anche perché è paradossale che lo Stato debba investire sull’erogazione di servizi non essenziali a richiedenti asilo che, nel 70% dei casi, non otterranno lo status di rifugiato.
Chi vedeva l’immigrazione come un mangiatoia da oggi è a dieta – diceva Salini presentando i tagli all’accoglienza – Mafia, ‘ndrangheta, pseudocoop non troveranno più conveniente interessarsi dei migranti e a lavorare nel mondo dell’accoglienza rimarranno i veri volontari“. Il fatto è che anche le cooperative associate a Legacoopsociali, Confcooperative e Agci Solidarietà stanno seriamente pensando di “non partecipare a eventuali gare di appalto indette sulla base del nuovo schema di capitolato“. E il motivo non è soltanto la “riduzione dello standard di personale” che “produce effetti negativi sulle condizioni di lavoro“, né la presunta “compressione di diritti della persona accolta” a causa dell’assenza di “servizi qualificati” per i migranti. No. Il problema – dicono le associazioni – è anche economico.
Le coop lamentano infatti che “la ‘stima dei costi medi di riferimento’ non prevede costi aziendali” in merito alle “disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro” (che però l’operatore deve indicare in sede di offerta); criticano inoltre il fatto che non sono previsti “costi indispensabili” per la “manutenzione delle strutture” e la “fornitura di farmaci e prestazioni sanitarie non coperte dal SSN“. Infine, ed è questo il punto, il (vero) grande grattacapo è che “non sono previsti utili di impresa” né le “spese generali”. Tradotto: il ministero non ha previsto il guadagno di chi si occupa di immigrati. Alla faccia della rossa e solidale Emilia romagna.