Quei bambini tolti alla mamma per il disegno mal interpretato
Quando una mamma viene maltrattata dal marito, quando qualcuno subisce delle violenze che lo costringono a vivere nel terrore.
Nella paura. La prima cosa che si consiglia di fare è denunciare tutto alle autorità. Nonostante i lividi e i racconti delle vittime non è sempre facile per chi interviene stabilire le colpe del “mostro”. Ci vogliono prove schiaccianti per privare qualsiasi individuo delle proprie libertà. Lo si deve cogliere in flagrante. O magari, appurare che non sia stato un evento singolo su cui si è costruito un castello di carta. Accertarsi, insomma, che per mesi la vittima abbia vissuto nella paura. Un calvario necessario per chi prova a chiedere aiuto, ma giusto. Trovarsi accusati di qualcosa che non si è fatto per un essere umano che nulla può contro la legge sarebbe un’irrecuperabile ingiustizia. Un errore giudiziario a cui nessun risarcimento in denaro riuscirebbe a mettere una toppa. Gli anni di vita nessuno riesce a renderteli indietro. Eppure, ci sono casi in cui l’accusa si confonde con la colpa accertata. Ancora prima di un processo. Ancora prima delle prove.
Il paradosso è enorme. Coloro che dovrebbero proteggere le presunte vittime si trasformano, in un batter d’occhio, nei carnefici. È successo in Ciociaria, a Ceccano. Ancora una volta a dei minori. Ancora una volta ad una famiglia di persone per bene. Ancora una volta, l’accusa parte da un’interpretazione farlocca di un disegno fatto a scuola.
Siamo nella primavera scorsa quando, due genitori, lui quarantenne che lavora come corriere, lei casalinga, finiscono nella trappola dei servizi sociali. Attaccati dal Tribunale dei minori e accusati di violenze sui loro tre bambini. Tutto parte da una segnalazione. Un giorno, mentre si trovava a scuola, la primogenita della coppia, una bimba di 5 anni con qualche deficit di apprendimento e per questo affiancata da una maestra di sostegno, disegna su un foglio la mamma con in mano un mattarello. Probabilmente la immaginava a cucinare, a stirare la pasta di qualche torta preparata a casa. Verrebbe da pensare. Non a tutti a quanto pare. Perché, quel disegno, è stato interpretato come un campanello d’allarme. Il matterello è diventato l’arma con cui la madre avrebbe maltrattato la piccola e questo le è costato l’allontanamento dai suoi tre figli.
Alcuni giorni prima del fatidico disegno, la piccola era arrivata a scuola con alcuni graffi, e aveva raccontato di esserseli procurati mentre giocava a pallone col cuginetto. Una versione a cui la maestra già non aveva creduto e che ha lanciato i sospetti sulla famiglia della bimba. Il disegno del matterello è stato subito accolto come la prova schiacciante dei dubbi dell’educatrice, che ha segnalato la questione ai servizi sociali. In quattro e quattr’otto è scattata la denuncia alla Procura e al Tribunale dei minori che ha disposto l’immediato allontanamento dei tre figli dalla coppia. Persino l’ultimo, nato da pochi giorni e ancora ricoverato all’ospedale Gemelli di Roma per l’ittero neonatale. È stato portato in un istituto di Roma dove ha continuato le cure. Con il tempo e le indagini, le accuse si sono dimostrate completamente infondate. A dimostrarlo è stata la dottoressa Francesca Coppola, specialista di neuropsichiatria infantile, che ha lavorato sull’ incidente probatorio e stilato una relazione che ha tolto i dubbi sull’innocenza della mamma. Ma la decisione affrettata del Tribunale i suoi danni li aveva già fatti. E adesso recuperare il colpo potrebbe non essere banale. Sopratutto per il più piccino. Che non ha mai abbracciato i suoi genitori e a cui non è stato concesso neanche di essere allattato dalla propria madre. Tutto per un’interpretazione errata di un disegno di una bambina.