Pizzerie aperte con i soldi del traffico di droga: sgominato l’affare da 10 milioni di euro

Uscito da poco dal carcere, dove stava scontando una condanna a oltre 22 anni per traffico di droga (poi ridotti), affidato in prova ai servizi sociali, il cinquantenne Giuseppe Carvelli ha cercato di riappropriarsi del suo business di pizzerie della catena Tourlè (in franchinsing) su cui aveva investito il denaro ancora prima di essere arrestato (nel 2008) e condannato. Ma la sorveglianza di prevenzione, messa in atto dalla divisione anticrimine della squadra mobile di Milano e dall’antimafia, ha permesso di mettere in evidenza che il patrimonio con cui erano state aperte le attività di ristorazione proveniva dai suoi traffici illeciti. 

Video: i soldi del traffico di droga nelle pizzerie

«E’ un momento significativo perché più volte si è parlato di investimenti della criminalità organizzata nel mondo del food e questa è è prima risposta della direzione distrettuale antimafia di Milano», ha spiegato il procuratore aggiunto Alessandra Dolci che, con il sostituto procuratore Sara Ombra, ha coordinato le indagini. I destinatari delle custodie cautelari in carcere sono nove, a cui si aggiungono due indagati. Rispondono di associazione a delinquere finalizzata al trasferimento fraudolento di valori. In pratica, investivano denaro guadagnato illecitamente in attività economiche. «In questo modo va ad inquinarsi l’economia pulita che gira intorno», ha sottolinato il pm Sara Ombra riferendosi alla concorrenza “sleale” nei confronti dei gestori onesti di locali.

Quattro le pizzerie Tourlè sequestrate: quelle di Cinisello Balsamo, Sesto San Giovanni, Cologno Monzese e Torino. Sequestrato anche l’hotel Lincoln di Cinisello Balsamo. Il valore totale delle quote societarie è di circa dieci milioni di euro. Carvelli, come detto, aveva investito i proventi del traffico di droga nei ristoranti con formula “giropizza”, creando il franchising a marchio Tourlé. I locali venivano gestiti con società create ad hoc, intestate a persone anche incensurate della sua cerchia più stretta (amici, l’ex compagna e così via). I primi locali erano stati due bar a Limbiate (Monza-Brianza), l’Heineken e il Mago del Caffè, a cui era seguita la pizzeria Heigun di Bovisio Masciago (Monza-Brianza). Il marchio Tourlé è arrivato successivamente, intorno al 2014. Tra i sequestri anche una società che avrebbe dovuto aprire, ma non l’ha mai fatto, una pizzeria in via Ripamonti a Milano.

Gestore di fatto della pizzeria di Sesto

Ufficialmente Carvelli non compariva in alcuna delle compagini societarie, ma immediatamente dopo la scarcerazione si è mostrato interessato a tornare a controllare operativamente i locali, lavorando anche in uno di essi, quello di Sesto San Giovanni, e riuscendo a ottenere dal magistrato di sorveglianza l’autorizzazione a presenziare all’inaugurazione della pizzeria di Torino. Diverse le intercettazioni ambientali che mostrano da un lato i rapporti stretti con criminali di grande spessore riconducibili alla ‘ndrangheta (che, come nel caso di Torino, hanno manifestato grande “rispetto” per la figura di Carvelli), dall’altro lato la sua capacità di controllare il business.

Si pensi al caso della pizzeria di Cologno Monzese. I soci “ufficiali” erano intenzionati a venderla e hanno compiuto l’operazione all’insaputa di Carvelli che, però, è venuto lo stesso a saperlo e allora, come spiegato dai funzionari di polizia, ha pressoché “costretto” l’acquirente a “restituirgli” il locale, per poi intestarlo a un nipote (anche lui tra gli indagati). 

I soldi della droga investiti in pizzerie e bar

Del resto l’origine risale proprio (e a dirlo è una informativa del 2008) al denaro che Carvelli consegnò a un suo amico e socio proprio affinché lo investisse in locali pubblici. Con l’improvviso arresto di Carvelli (trovato in possesso di oltre sei chili di cocaina, 37 mila euro in contanti, due pistole semiautomatiche e un revolver), i soggetti rimasti in libertà dovettero compiere scelte societarie per “separare” formalmente i locali dal loro “finanziatore”: così viene chiuso il Mago del Caffè e la pizzeria Heigun viene ceduta ad un’altra società in cui scompare totalmente ogni collegamento visibile con Carvelli. Le prime vicende societarie sono ormai prescritte ma utili per capire i movimenti successivi, compresa la creazione del franchising Tourlé.

A “ricordare” quanti soldi avesse investito nei locali, è stato lo stesso Carvelli in diverse conversazioni intercettate: parlava di 400 mila euro, ma anche di altro denaro immesso nelle attività successivamente alla sua scarcerazione; e si lamentava di non ricevere ricavi dalle pizzerie Tourlé (citando espressamente Erba, Melegnano, Piacenza e Bovisio Masciago) eccetto quella di Sesto, dove oltretutto lavorava in affidamento in prova e che di fatto gestiva, tanto da essere lui a decidere quanta percentuale di “nero” produrre sul fatturato reale. In particolare riteneva che gli spettassero circa cinque milioni di euro, anche nell’arco di qualche anno. E’ di circa dieci milioni nel complesso, invece, il valore delle quote societarie sequestrate dagli inquirenti.