Vi ricordate quelle immagini del carabiniere steso a terra, sovrastato dai manifestanti, pestato e picchiato alla testa con il suo stesso scudo? Le immagini delle violenze antifasciste fecero il giro dell’Italia: il militare inciampò, cadde, fu sottoposto a una sorta di linciaggio dalla folla inferocita, poi riuscì a dileguarsi.
Era il febbraio dello scorso anno. Oggi, a poco meno di 365 giorni di distanza, la Corte di Appello ha ridotto la pena inflitta a Elshennawi Moustafa, l’egiziano di 23 anni imputato per l’aggressione al brigadiere dei carabinieri, Luca Belvedere.
Forse ricorderete i fatti. Il 10 febbraio a Piacenza era prevista l’apertura di una sede di CasaPound. Gli antifascisti organizzarono un corteo di protesta contro il presidio “fascista” e in piazza si presentarono giovani, immigrati, centri sociali e lavoratori. Quando i manifestanti provarono a deviare dal percorso prestabilito, ne neacquero scontri con le forze dell’ordine. Ad un certo punto alcuni carabinieri stavano cercando di indietreggiare quando Belvedere cadde e venne circondato dai manifestanti, pestato e spedito all’ospedale con la spalla fratturata.
Per giorni le forze dell’ordine setacciarono ogni frame dei video realizzati in quelle ore da giornalisti e agenti di polizia. Poi posarono gli occhi su Moustafa (e altri), che nei giorni successivi rivendicarono anche le azioni intraprese. Nel giugno scorso il 23enne era stato condannato in primo grado a 4 anni e 8 mesi di reclusione. Ma ora la corte di appello di Bologna gli ha dimezzato la pena: dovrà farsi 2 anni, 9 mesi e 10 giorni. Inoltre era stato condannato anche a risarcire con 50mila euro il Comune di Piacenza: all’amministrazione, si legge nella nota del Comune, era stata riconosciuta la “legittimazione ad agire in giudizio per ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale subito in conseguenza degli scontri, rappresentato dalla sofferenza e dal turbamento provocati alla collettività, in pregiudizio a tutte le iniziative dell’Ente volte a garantire la sicurezza e l’ordine pubblico”. Questa parte della sentenza, precisa il Comune, sarebbe stata confermata dunque “deve essere riconosciuto l’Ente locale parte civile in un processo che vede leso il bene pubblico sicurezza e ordine pubblico”.