“Per mio marito ucciso da 3 clandestini, mi danno solo 7mila euro” vedova si appella a Salvini indignata.

Federica Raccagni non si dà pace. Lei è la moglie di un uomo morto per mano di clandestini 5 anni fa.

Nello specifico, si tratta di una banda di 3 rapinatori albanesi, che spaccarono una bottiglia in testa all’uomo, facendolo morire dopo 11 giorni di agonìa.

La giustizia ha fatto il suo corso e sono stati condannati tra i 14 e i 16 anni di carcere.

Ma una vicenda venuta a galla nelle ultime ore ha lasciato l’Italia a bocca aperta.

Una morte ingiusta per mano di tre clandestini per la quale lo Stato ha accordato alla donna circa 7mila euro di indennizzo.

Ed è proprio la moglie a riferire il suo sgomento al Corriere:

“Combatto da 5 anni: per la legittima difesa,la modifica del rito abbreviato, la tutela delle vittime di reati violenti come noi. E alla fine? Lo Stato, per la morte di mio marito, mi darà un indennizzo di 7.200 euro: tanto, per le istituzioni, vale la vita di un uomo. È una vergogna: ci sentiamo semplicemente presi in giro, io e tutti gli altri. Perché purtroppo siamo in tanti”.

Il teoria i tre albanesi condannati le dovrebbero dare un milione e ottocentomila euro di risarcimento, oltre a 600mila di provvisionale. Il problema, spiega la Raccagni, è che “risultano nullatenenti, quindi noi quei soldi non li vedremo mai: sia ben chiaro, niente e nessuno mi ridaranno mai mio marito, la cui vita non ha prezzo, ma tocca allo Stato indennizzarci”.

Federica si dice “indignata“. “Noi dell’ Unione nazionale – insiste – vittime questi soldi non li vogliamo, è elemosina. Mi risulta anche che nell’ ultima Finanziaria gli importi degli indennizzi siano stati alzati, ma mancano i decreti attuativi. Del resto negli altri Paesi europei si parla di ben altre somme”.

Da qui l’appello aMatteo Salvini: “Più volte si è esposto su questi temi ma anche al ministro della Giustizia, Bonafede, affinché ci stiano vicini. Eravamo una famiglia molto unita, non ci siamo più ripresi: i miei figli, anche se sono bravissimi e ci mettono l’anima, anche nel lavoro, il loro padre non ce l’avranno mai più”.

Fonte: IlGiornale